Il calvario di Nicola, invalido che nessuno vuole

di Redazione

Nicola Abate TRENTOLA DUCENTA. Nicola Abate ha appena 37 anni, ma ha già trascorso oltre metà della sua vita tra ospedali e commissioni mediche dopo un gravissimo incidente avuto in età adolescenziale che l’ha reso oggettivamente invalido, …

… lasciandogli una cecità all’occhio destro, vistose lesioni e un’evidente zoppia alla gamba sinistra e gravi problemi di udito. Incapace di lavorare, dunque. Ma non per l’Asl o per l’Inps che non gli hanno mai riconosciuto la soglia di invalidità prevista dalla legge per aver un’indennità, prendendosi spesso quasi gioco di lui con valutazioni contraddittorie al limite del paradosso.
“E dire che siamo nella patria di coloro che si fingono ciechi o paralizzati” sibila con tono sarcastico. Nicola, che vive a Trentola Ducenta, in provincia di Caserta, con moglie e due figli minori, è forse un po’ disilluso, ma di certo non è stanco di proseguire la sua battaglia; la sua è la determinazione di chi sa di essere dalla parte del giusto, come dimostrano le quattro istanze presentate, i due giudizi civili attivati, l’esposto alla Procura e le numerose lettere inviate negli anni ai vari soggetti istituzionali.
“Sono ventidue anni che combatto per vedermi riconosciuto un diritto che mi è stato sempre negato nonostante avessi patologie certificate da numerosi medici. Chiedo solo una più giusta valutazione per il mio danno e una procedura più celere”.
Il calvario di Nicola inizia il 30 luglio del 1989, quando ha 14 anni e 11 mesi. “Avevo da poche settimane passato l’esame di terza media – racconta – quel pomeriggio molto caldo attendevo la fidanzata a bordo della mia Vespa verde sul marciapiede vicino casa sua, in viale Europa a San Marcellino; improvvisamente un’auto mi venne addosso e di lì cambiò la mia vita. Fui io a raccogliere la mia gamba sinistra e a consegnarla ai medici dell’ospedale di Aversa; poi svenni e mi risvegliai al Cardarelli di Napoli dove intanto mi avevano riattaccato l’arto”.
Nicola resta nel letto del presidio partenopeo fino al 29 aprile dell’anno successivo, quindi, dopo sei giorni a casa, viene nuovamente ricoverato per altri 4 mesi. “Ho subito in tutto, fino al 1992, ben 14 operazioni, tra cui quattro trapianti di pelle, carne e ossa. Nel corso degli anni tra l’altro, tutti i medicinali presi mi hanno causato una perdita delle frequenze basse all’udito con difficoltà nel sentire; e spesso soffro di vertigini”.
Al dolore fisico si aggiungono i rimpianti spesso più dolorosi per non aver potuto avere una vita come quella dei suoi coetanei: “volevo iscrivermi al Geometra – dice – ma non ne ho avuto la possibilità. Così tante strade non mi si sono mai aperte”.
Dopo la battaglia clinica, Nicola ne ha intrapresa un’altra, forse ben più complicata, contro la burocrazia spesso cieca alle reali esigenze degli utenti e sovente poco professionale. “La prima richiesta inviata all’allora Usl di Aversa per il riconoscimento dell’invalidità e della conseguente indennità è datata ’92; la commissione, che si riunisce a Lusciano (sede del distretto sanitario di cui fa parte il comune di Trentola, ndr), la respinge dandomi un punteggio pari al 65% mentre per legge il minimo è 74%. Dopo alcuni anni propongo una seconda istanza e mi viene riconfermato il 65%; ma intanto la mia zoppia ha causato anche problemi alla schiena non essendo bilanciato il bacino e soprattutto non mi ha permesso di ottenere alcun tipo di lavoro. Ho provato ovunque, e ovunque mi dicevano che non potevo lavorare perché non ero in grado di assicurare ogni giorno la mia presenza; mi dicevano esplicitamente ‘non ci interessi’. Con il mio 65% di invalidità mi sono poi iscritto nella sezione Massima Occupazione del collocamento di Caserta ma nessuno mi ha mai contattato, poi mi sono registrato a quello di Roma con lo stesso risultato. Mi dicevano che senza una conoscenza in qualche ente pubblico o azienda privata era impossibile lavorare. Oggi sono iscritto al collocamento di Parma ma sono sempre in attesa e intanto sopravvivo con mia moglie e i due figli di 10 e 7 anni grazie alla pensione di mia madre”.
Dopo la seconda bocciatura, Abate decide di cambiare strategia rivolgendosi alla magistratura ordinaria: è il 1998 quando presenta un esposto alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere affinchè accerti l’esistenza di eventuali reati nella condotta dei medici della Commissione dell’Asl. Dopo appena due anni, e dopo aver ascoltato i funzionari pubblici che ripetono all’unisono di aver operato correttamente, l’ufficio inquirente chiede l’archiviazione che il Gip concede dopo altri cinque anni (il 16 agosto del 2005); sempre nel 1998 Nicola cita davanti al giudice civile Asl e Inps ma il consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice, ovvero il medico Federico Panarella, dopo un’attenta visita conferma il 65%. “Quasi si scusò con me – ricorda Abate – ma mi fece capire che non poteva contraddire i suoi colleghi della commissione dell’Asl. Alla fine persi la causa e il giudice mi condannò anche a rifondere le spese del giudizio”.
Siamo verso la fine del 2001. “A quel punto, convinto di aver ragione – racconta Nicola – mi recai privatamente da un medico legale in servizio proprio al distretto Asl di Aversa, Mariano Buniello (in quel momento responsabile del Distretto n. 36 con sede a Lusciano dell’Asl Caserta2, ndr), il quale mi riscontrò un’invalidità dell’80%”. Buniello, al termine della sua consulenza, non solo formula esplicite critiche alla perizia del dottor Panarella, ma conclude che “l’incidenza dell’infermità sulla capacità lavorativa del soggetto si spiega da sola”, e “che è utile nell’interesse della giustizia e del ricorrente rinnovare la ctu”.
“Alla luce della consulenza di Buniello – prosegue Abate – decisi di riproporre nel 2004 una terza istanza, ricevendo un’ulteriore beffa; la commissione, riuniatasi al distretto di Lusciano, dal 65% che avevo in precedenza mi riconobbe il 47%. Quando mi hanno notificato il verbale non credevo a quello che leggevo. Pensavo ci fosse un errore, addirittura di trascrizione, ma all’Asl, il presidente della Commissione mi disse che era tutto vero, e che secondo loro la mia invalidità era scesa”.
Nel frattempo, i prolemi di salute di Nicola aumentano: nel 2005, un altro medico in servizio sempre al distretto Asl di Lusciano, Alfredo Alviano Glaviano, riscontra nel giovane un’asma bronchiale cronica che ancora oggi gli dà diritto a ricevere gratuitamente le medicine. Nicola ci riprova così nuovamente nel 2008. Alla quarta istanza vengono allegati anche i problemi all’udito: questa volta l’Asl lo porta dal 47% al 74% ma intanto la nuova normativa dà all’Inps la parola finale. “La commissione Inps mi assegna il 60%, impedendomi ancora una volta di percepire l’indennità che mi spetta”.
Arriviamo così al recente passato: nel 2011 Nicola cita nuovamente l’Istituto di previdenza. Lo attende un altro processo con perizia ma intanto il 4 giugno scorso uno spiraglio sembra averlo aperto il Quirinale, che ha risposo ad una delle tante lettere inviate dal giovane (l’ultima datata 28 marzo): la firma è del segretario generale di Napolitano, il quale assicura “di aver trasmesso tutti gli atti alla Direzione Generale di Roma dell’Inps per la valutazione e le eventuali iniziative del caso”.
“L’ingiustizia che ho subito dalle istituzioni è troppo grande per non essere riparata. Nonostante tutto – conclude – spero e credo ancora nello Stato”.

Antonio Pisani e Marilù Musto (dal blog “Dovere di Cronaca“)
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