Stato-mafia, Napolitano: “Nulla da nascondere”. Di Pietro lo attacca

di Redazione

Giorgio Napolitano ROMA. “Non ho nulla da nascondere, ma un principio da difendere, di elementare garanzia della riservatezza e della libertà nell’esercizio delle funzioni di capo dello Stato. Mi spiace che da parte di qualcuno non si intenda la portata di questa questione”.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si difende dalle critiche che gli sono state mosse a proposito della sua decisione di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Consulta contro la Procura di Palermo.

“La decisione che nei giorni scorsi ho preso, di sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale, è stata dettata dal dovere di promuovere un chiaro pronunciamento, nella sola sede idonea, su questioni delicate di equilibri e prerogative costituzionali, ponendo così anche termine a una qualche campagna di insinuazioni e sospetti senza fondamento e al trascinarsi di polemiche senza sbocco sui mezzi di informazione”, ha sottolineato, aggiungendo: “Può darsi che la mia scelta non risulti comoda per l’applauso e mi esponga a speculazioni miserrime. Continuerò a non cedere ad alcuna tentazione di discorsi facili e di confortevoli opportunismi. Parlare un linguaggio di verità e di responsabilità è parte dei doveri del presidente”.

“Da presidente della Repubblica e del Csm ho sempre riaffermato, com’era mio convincimento e preciso dovere, i fondamentali valori dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, senza peraltro indulgere a posizioni bonarie o acritiche”, ha detto Napolitano. “Sulla lotta contro la mafia e il crimine organizzato, – ha aggiunto – sulla ricerca della verità e della giustizia, senza nulla occultare e proteggere, conta comunque quello che è stato per me l’impegno di una vita. E su Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, come sulle indagini da condurre fino in fondo per far luce sulle strage su cui essi furono criminale bersaglio, conta quello che ho detto a Palermo il 23 maggio e ancora ieri rinnovando il mio abbraccio commosso alla signora Agnese e ai suoi figli come alla signora Maria che opera esemplarmente per trasmettere la memoria e l’impegno di Giovanni, insieme a Paolo”.

“I familiari sono innanzitutto Agnese, la moglie, e i suoi figli. Da loro ho avuto solo parole di conforto”, ha quindi aggiunto a margine della cerimonia del Ventaglio. “Da presidente per storia e cultura intimamente legato alla Costituzione, non sono fuoriuscito neppure di un millimetro dal ruolo e dai poteri disegnati in quella Carta”, ha ribadito, dicendo di “non capire cosa sarebbe il “presidenzialismo di fatto” affermatosi in questi anni”

Durante la cerimonia, Napolitano ha sottolineato anche di aver esercitato i poteri a lui attribuiti dalla Costituzione “con la determinazione e la capacità di iniziativa dettatemi da ricorrenti tensioni politico-istituzionali e suggeritemi dall’esigenza di offrire punti di riferimento positivi e non di parte ad una opinione pubblica spesso scossa e inquieta. Che sia più o meno riuscito in questo esercizio di responsabilità lo diranno coloro che vorranno compiere domani analisi più distaccate; ma certo nessuna volontà di protagonismo personale, e tantomeno a scapito degli equilibri posti in Costituzione, mi ha sfiorato”.

DI PIETRO. Le parole del Capo dello Stato non fermano le polemiche. Il leader dell’Idv Antonio Di Pietro torna all’attacco: “Signor Presidente: ma si rende conto che così sta tradendo la Costituzione?”. Contestando il conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano su “una questione – la trattativa Stato Mafia – dove chiede di intervenire per fermare indagini che lo riguardano”, Di Pietro aggiunge: “A mio avviso il Quirinale sta predicando bene e razzolando male. Lo dico ben sapendo e rendendomi conto della gravità delle mie affermazioni”, ha proseguito il leader dell’Idv. “Ma è di ieri, il presidente della Repubblica ha detto ai famigliari di Borsellino e degli uomini della scorta, morti ammazzati, che non può esserci ragion di stato che giustifichi un ritardo, un blocco o una impossibilità di cercare la verità. Egli è la stessa persona che, per ragion di stato, ha sollevato la questione di conflitto di attribuzione davanti alla corte Costituzionale. Cioè, è la persona che ha sollevato la Ragion di Stato per un fatto che egli stesso riconosce che non può esserci ragion di stato che impedisca l’accertamento della verità”.

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