Russia, processo alle Pussy Riot: chiedono scusa

di Mena Grimaldi

 MOSCA. “È stato un errore dal punto di vista etico quello di portare il genere ‘preghiera punk’ in un tempio religioso, ma non pensavamo fosse offensivo”.

E’ stato questo il messaggio letto in aula nel tribunale Khamonichevksi di Mosca dalle tre ragazze del gruppo punk Pussy Riot, arrestate cinque mesi dopo una provocatoria preghiera punk anti Putin.

Le giovani, fino a poco tempo fa andavano in giro con minigonne colorate, chitarre e bongos improvvisando concerti contro Putin e il potere. Una di queste esibizioni, sul sagrato della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, lo scorso 21 febbraio, è costato loro un arresto.

Le tre sono accusate, oltre che di vandalismo aggravato, anche di istigazione all’odio religioso e rischiano fino a sette anni di carcere.

Il caso sta dividendo il Paese: da un lato i vertici del mondo politico-religioso e la parte più conservatrice della chiesa ortodossa russa (tutti indignati dalla sacrilega profanazione) dall’altra l’opposizione liberale, i difensori dei diritti umani, intellettuali e vip dello spettacolo (comprese star internazionali come Sting e i Red Hot Chili Peppers) che chiedono la scarcerazione delle tre donne – due delle quali con figli piccoli – sostenendo che si tratta di repressione giudiziaria.

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