Recale, estorsioni a imprenditori: quattro arresti contro il clan Perreca

di Redazione

 RECALE. La squadra mobile di Caserta ha eseguito quattro decreti di fermo emessi dalla Dda di Napoli, nei confronti di altrettanti esponenti del clan Perreca di Recale (Caserta), per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Tra gli arrestati Giovanni Perreca, 52 anni, considerato l’attuale reggente del clan; Antimo Mastroianni, 47; Silverio D’Aria, 52; e Roberto Vittorio, 44.

La misura precautelare è frutto di una persistente ed incalzante attività investigativa condotta dalla Squadra Mobile di Caserta, sotto l’egida della Dda partenopea, nei confronti delle organizzazioni camorriste attive nel comprensorio di Caserta, Marcianise e comuni limitrofi. Infatti, dopo l’operazione “Mangusta”, che nel dicembre scorso aveva disarticolato il clan Menditti, federato all’organizzazione dei Belforte di Marcianise, con l’arresto, per estorsione aggravata, reati in materia di armi e stupefacenti, di 11 esponenti di tale consorteria, tra i quali i fratelli Alessandro, Andrea e Fabrizio Menditti, la squadra mobile di Caserta aveva registrato una immediata ripresa di attività estorsive da parte di emissari del clan Perreca, gruppo che contendeva proprio ai Menditti il controllo delle attività criminali nel comprensorio di Recale, alleato ai Piccolo (detti “Quaqquaroni”) di Marcianise.

In particolare, l’incessante monitoraggio delle consorterie criminali attive nella provincia, aveva permesso di appurare che, Antimo Mastroianni, cognato di Giovanni Perreca, egli stesso elemento di spicco dell’organizzazione, pochi giorni dopo l’arresto dei Menditti, aveva richiesto ed ottenuto l’autorizzazione a trasferire da Roma a Recale il luogo ove proseguire la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno a cui era stato sottoposto. Dopo pochi mesi, nel maggio scorso, Giovanni Perreca, sino ad allora domiciliato a Rignano Flaminio (Roma), anch’egli sorvegliato speciale della polizia con obbligo di soggiorno nel paese laziale, otteneva analogo beneficio, ristabilendosi nuovamente nel comune di origine.

La contestuale presenza dei due pregiudicati nel comprensorio recalese coincideva con una immediata ripresa delle attività estorsive in danno di alcuni cantieri ed imprenditori edili da parte degli emissari del clan che, evidentemente, avevano immediatamente soppiantato, nel controllo delle attività criminali, gli antagonisti Menditti. Tale circostanza, immediatamente rilevata dagli investigatori della squadra mobile, dava impulso, d’intesa con la Procura antimafia di Napoli, ad una nuova attività investigativa, supportata da servizi di intercettazione e prolungate attività di pedinamento ed osservazione, che consentivano di riscontrare almeno due tentativi di estorsione in danno di altrettanti imprenditori, che avevano allestito cantieri proprio a Recale.

L’attività investigativa risultava tanto efficace e penetrante da consentire di ricostruire il modus operandi del gruppo camorrista: gli emissari del clan, uno dei quali, Roberto Vittorio, piccolo pregiudicato, originario dell’avellinese, quindi sconosciuto in questo comprensorio, avvicinavano le vittime, anche contattandoli presso i loro uffici, avvisandoli “che quelli di Recale li cercavano”.

Poi, i servizi di pedinamento permettevano di accertare che gli imprenditori venivano convocati in un luogo prestabilito, solitamente la Torre di Recale, dove erano prelevati dagli emissari di Giovanni Perreca e Antimo Mastroianni e accompagnati al loro cospetto, dimostrando così il pieno e diretto coinvolgimento di questi ultimi nelle attività estorsive rilevate, nonostante le prescrizioni ed i controlli imposti dalla misura della sorveglianza speciale a cui entrambi continuavano ad essere erano soggetti.

In una circostanza, a confermare la capillare e diffusa attività estorsiva svolta dal clan, gli emissari dell’organizzazione accompagnavano dai capiclan un imprenditore diverso da quello con cui avevano già prestabilito l’appuntamento per il pagamento di una tangente.

Peraltro, Giovanni Perreca, a garanzia dei servigi e della protezione che l’organizzazione poteva assicurare ad un imprenditore, vittima di una richiesta estorsiva, sottolineava come il suo clan avesse ormai assunto il comando nella zona, perché “i marcianisani”, alludendo al clan Belforte, erano ormai scomparsi, debellati da condanne, arresti e pentimenti, mentre la propria organizzazione era tanto affidabile che nessuno degli affiliati in carcere si era pentito, nonostante le pesanti condanne.

Quindi, sulla scorta di tali inequivocabili risultanze investigative, la Procura Antimafia di Napoli, rilevando la sussistenza di un grave quadro indiziario e di un fondato e reale pericolo di fuga, determinato anche dalla pericolosità e dalla personalità criminale dei citati indagati, ed in particolare di Perreca e Mastroianni, emetteva il decreto di fermo eseguito la scorsa notte dalla squadra mobile.

Perreca annoverava numerosi precedenti per 416 bis, estorsione, armi, evasione e violazione delle prescrizioni relative alla sorveglianza speciale, recentemente aveva terminato di scontare una condanna per omicidio, per la quale, nel 2010, era stato ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Lo stesso è fratello di Antimo, 55 anni, capo storico dell’organizzazione, attualmente detenuto in regime di 41 bis, condannato anch’egli per omicidio e più volte arrestato per estorsione, associazione mafiosa, evasione ed altri reati associativi.

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