Recale, delegazione senegalese alla mostra di Montebuglio

di Redazione

 RECALE. La sua storia appassionò l’opinione pubblica. Ne parlarono testate nazionali, portali, blog e social network.

Mamadou Dia, 53 anni, venditore ambulante, d’inverno nei mercati cittadini e d’estate lungo le spiagge del litorale Domitio, è stato il primo senegalese a conseguire una laurea specialistica alla Seconda Università di Napoli, biotecnologia. A quell’avvenimento, il fotoreporter Gaetano Montebuglio, l’unico che riuscì a infrangere la reticenza dell’uomo ai flash, ha dedicato una mostra dal titolo «Jërë jëf, Mamadou!» (Grazie, Mamadou!), visibile fino al 4 giugno a Recale, in piazza Aldo Moro.

L’inaugurazione si è svolta venerdì sera, alle 19, alla presenza, tra gli altri, del presidente della comunità senegalese in Terra di Lavoro Mamadou Sy, del sindaco Patrizia Vestini, dell’assessore alla cultura Lello Porfidia e del consigliere regionale Lucia Esposito.

«Le foto di Gaetano fanno bene all’integrazione», ha dichiarato Sy. La mostra è stata allestita nei locali della Proloco «Nuova Recale», nell’ambito della seconda edizione di «Arte in mostra», la rassegna che l’associazione di Antonio Marino dedica alle eccellenze del territorio. In chiave reportagistica, la personale racconta per fotografie e parole, affidate al giornalista Claudio Lombardi, la vicenda umana di Mamadou, giunto in Italia 9 anni fa. Un misto di necessità, ostinazione e fortuna lo condusse a Caserta.

«Delle sofferenze, dei disagi, delle privazioni – rivela Montebuglio – non ha mai parlato volentieri. Il volto si accigliava solo quando ripensava alle giornate trascorse in Questura, al Comune, nei tribunali. Alle trasferte a Roma, in ambasciata, e a quanto fosse difficile avere un permesso di soggiorno».

Dopo la proclamazione, Dia ringraziò il professor Augusto Parente, che ha seguito da vicino il suo percorso di studi, e il preside della facoltà, Paolo Pedone. Poi, si trattenne in una piccola aula dell’università con Nello Zerillo di «Nero e non solo» e i suoi fratelli «bianchi e neri». Infine, sino ad allora sopito, il desiderio di ritornare a casa. «Prima, però, mi disse “devo pagare il fitto e le ultime bollette”», ricorda Montebuglio. Qualche tempo dopo, era su un volo che lo ha riportato in Senegal. Ad attenderlo, la madre Fatu, le due mogli e un rivolo di figli festanti. Oggi, Mamadou Dia è un dirigente governativo, un padre affettuoso, un uomo felice.

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