Il glorioso “Capannone” e la “casta”

di Nicola Rosselli

Paolo SantulliAVERSA. Il glorioso “Capannone”, tempio della pallavolo cittadina potrebbe essere additato ad emblema della “casta”.

Di quella casta che, al di là dei colori dettati dall’ideologia, manovra la politica e i politici per giungere alla realizzazione di beneficio che non possono assolutamente definirsi collettivi. Di quella casta che ha permesso la realizzazione di decine e decine di appartamenti vista cimitero sia dal lato di via Garofalo che di via Fermi, di quella casta che ha permesso la realizzazione di villette accanto alle mura di Porta San Giovanni, di quella casta che ha trasformato un monastero in centro commerciale e di servizi, di quella casta che non ha lasciato un centimetro di verde nella zona di Cappuccini dove pur doveva sorgere un parco, di quella casta che, in una parola, cancella la memoria del passato portandoci in un sempre più alienante presente, dove l’unico vademecum sembra essere il facile profitto a spese della collettività. Quel monumento alla storia, seppure “solo” sportiva, cittadina sta (o, peggio, potrebbe già essere stato) trasformato irrimediabilmente in deposito di igienici e sanitari?

L’allarme, ancora una volta, in una situazione che va avanti da tempo e che la politica cittadina, di destra e di sinistra, sembra non voler affrontare o, per essere buoni, sembra essersene dimenticata, ostentando quasi una sorta di timore reverenziale non si capisce contro chi, visto che è in gioco un bene collettivo, viene dall’ex parlamentare centrista Paolo Santulli (nella foto). L’attuale consigliere comunale e leader della Federazione degli Autonomisti ha rivolto una richiesta urgente al sindaco Giuseppe Sagiocco per esortarlo a contattare “l’area demanio e patrimonio della Regione Campania, al fine di conoscere le determinazioni relative alla richiesta di proroga per la stipula del contratto definitivo del ‘Capannone’, sollecitata dallo scrivente al suo predecessore Ciaramella, ed inviata in data 16 marzo 2012 da ques’ultimo”.

Santulli ricorda che: “Il Comune di Aversa ha sottoscritto con la Regione Campania un preliminare di acquisto , ai sensi delle leggi regionali 38/93, 18/00, 22/03, il 12 aprile del 2007 versando euro 428.572,25 pari al 50 % del valore. Il termine ultimo per la scadenza del preliminare era il 12/4/2012, entro il quale si doveva attivare il bene all’uso definito: impianto sportivo”. “L’Amministrazione Ciaramella – continua Santulli nella nota inviata a Sagliocco – aveva chiesto la proroga dei termini contrattuali, tenuto conto delle varie difficoltà di ordine economico sopravvenute negli anni e soprattutto del fatto che il finanziamento di 600mila euro ottenuti dal Ministero dell’Economia, proprio per tale progetto, si completava, con l’ultima trance solo nel mese di febbraio 2012”. Santulli si fa anche latore di un dubbio atroce: “Con la speranza che nel frattempo non siano intervenuti penalizzanti fatti nuovi e con la speranza che quanto prima si possa tornare ‘veramente’ in possesso di un simbolo storico dello sport aversano”.

I giovanissimi non ne hanno mai visto gli interni, ma gli aversani ultraquarantenni ricordano con affetto e orgoglio il glorioso ‘Capannone’, teatro delle memorabili gesta di Falchi e Cuel confluiti nella Virtus, assurta all’olimpo pallavolistico nazionale. La Serie A! Quel ‘Capannone’ che, ubicato all’interno di un complesso immobiliare più vasto, l’amministrazione comunale ha deciso di comprare dalla Regione Campania in un recente passato per farvi una palestra polivalente. Ma di quel “Capannone” non si sono mai più aperte le porte, mentre il commerciante di articoli igienico-sanitari che è in coabitazione con il comune fa la parte del leone. Tanto che lo stesso Santulli, solo un paio di mesi fa, aveva chiesto, al precedente sindaco, specificamente di conoscere “se il ‘Capannone’ è di proprietà comunale se esiste un contratto per l’occupazione di suolo pubblico realizzata da ‘terzo’ con cartellonistica pubblicitaria”.

L’ex parlamentare aveva anche lanciato una provocazione, chiedendo “se, a questo punto, non fosse meglio definire un accordo con il ‘terzo’, che di fatto è l’unico che direttamente o indirettamente usa quella proprietà” e “se non fosse più dignitoso e meno ipocrita per tutti porre fine in modo definitivo a questa telenovela”. Come risposta un silenzio assordante di tutte le forze politiche, anche di quelle moralizzatrici di sinistra, a dimostrazione che la politica decide sino a un certo punto. Con la speranza, ovviamente, di essere smentiti dai fatti.

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