Berlusconi lancia il presidenzialismo sul modello francese

di Redazione

Silvio Berlusconi e Angelino AlfanoROMA.Silvio Berlusconi lancia il presidenzialismo e una nuova legge elettorale a doppio turno sul modello francese.

In una conferenza stampa con il segretario del Pdl Angelino Alfano, l’ex premier svela la nuova strategia, che prevede l’elezione diretta del presidente della Repubblica, ribadisce che non si ricandiderà a premier, ma afferma invece che per la corsa al Quirinale ci sarà anche lui.

“Farò quello che mi chiederà di fare il Pdl”, risponde infatti il Cavaliere a una domanda su una sua possibile candidatura al Colle, dopo un lapsus di Alfano che lo aveva chiamato “presidente della Repubblica”. Interpellato nuovamente, l’ex premier ha aggiunto: “Non è mia ambizione ma ci sono delle responsabilità che non si possono ignorare”.

Alfano, a sua volta, ha detto che, su questo tema, “il Pdl si riunirà e discuterà”. Berlusconi ha poi sottolineato che “fino alla fine della legislatura è mia responsabilità restare in un partito, il Pdl, saldo e compatto che non si scioglie e non si divide” e che, secondo i sondaggi, sarebbe “ben oltre il 20%, al 23,6 per cento”.

C’è “il desiderio di approfondire quello che da 30 anni si è portato sui tavoli della riforma costituzionale e cioè la possibilità che i cittadini a decidere il presidente della Repubblica”, ha detto Berlusconi. “Si è votato in Francia ed Atene. Noi vogliamo essere come la Grecia dove si tornerà a votare e c’è una situazione di ingovernabiltà o è meglio guardare a Parigi?”, si è chiesto retoricamente l’ex presidente del Consiglio.

“Quanto alla legge elettorale, siamo a disposizione e dico agli amici della opposizione che se dovessero accettare la profonda innovazione della architettura istituzionale che proponiamo saremmo disponibili a seguirli sulle loro idee anche sul sistema elettorale”, ha aggiunto Berlusconi. “Noi intendiamo proporre il modello francese con il doppio turno”, ha sottolineato.

“Abbiamo deciso di compiere il gesto ardito di presentare al Paese, alla maggioranza e all’opposizione una possibilità di modernizzazione del Paese, dando la possibilità di incidere direttamente attraverso elezioni primarie sulla scelta del presidente”, ha aggiunto. Accanto alle primarie, per Berlusconi si tratta di permettere ai cittadini di fare “scelte sui contenuti del programma e di portare il Paese fuori dalle secche della impossibilità di governare con efficacia una situazione di grande difficoltà e profonda crisi”. “Consegneremo questa riforma istituzionale all’aula del Senato”, ha poi precisato Berlusconi.

Secondo il Cavaliere il momento è propizio per lavorare alle riforme costituzionali, approfittando di “tre fortunate coincidenze: la prossimità della fine della legislatura, la scadenza del mandato di un eccellente presidente della Repubblica, il cui sistema di elezione non si può cambiare in corso di mandato, e il fatto che la prossima settimana in Senato si cominci a discutere della riforma della Costituzione”.

“Era nostro dovere approfittare della possibilità di un governo tecnico che continuasse il lavoro che avevamo iniziato anche rispondendo alle richieste dell’Ue, per fare incontrare maggioranza ed opposizione ad un tavolo e fare le riforme”, ha osservato ancora Berlusconi.

A rischio ora le riforme costituzionali. Rischia di saltare il patto raggiunto dalla maggioranza Pdl-Pd-Terzo polo sul testo attualmente all’esame del Senato. Pd e Udc temono infatti che con la proposta semipresidenziale di Berlusconi, il Pdl voglia “rimangiarsi l’accordo” politico finora raggiunto. E chiedono perciò di “mettere in salvo” almeno la parte della riforma già approvata in commissione che riduce il numero dei parlamentari, stralciandola dal testo e avviandola ad approvazione rapida.

Sono andati avanti fino a sera i lavori della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Dopo il via libera alla riduzione da 630 a 508 dei deputati e da 315 a 254 dei senatori, si sono votati oggi gli emendamenti agli articoli 3-6-7-8 del testo, che tra l’altro riducono l’età di elezione al Senato da 40 a 35 anni e introducono il potere del premier di chiedere la revoca dei ministri.

Accantonati, invece, gli articoli più spinosi: bicameralismo perfetto e sfiducia costruttiva. Su di essi c’è, assicurano Pdl e Pd, “l’accordo politico”, ma si deve ancora trovare la quadra “tecnica”. Si riprenderà martedì mattina con una riunione per sciogliere i nodi. Con la commissione convocata anche in notturna per chiudere entro mercoledì alle 9.30 e mandare il testo in Aula.

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