“Cavalli di ritorno”, sgominata banda nel Casertano

di Nicola Rosselli

Pasquale RussoAVERSA.Una banda di malviventi specializzata in cavalli di ritorno di autovetture è stata sgominata dagli agenti del commissariato di Aversa.

Gli uomini coordinati dal dirigente Luigi Del Gaudio e dal suo vice Luigi Graziano hanno, infatti, arrestato nove persone con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al furto, al riciclaggio e alla ricettazione. La base operativa della banda era ad Aversa, ma la sua attività era estesa a tutta la provincia di Caserta. Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e si sono servite di pedinamenti e intercettazioni. Uno degli arrestatiè di origine albanese.

GLI ARRESTATI. In carcere: Pasquale Russo, 35 anni, di Aversa; Onofrio Pagano, 57, di Trentola Ducenta; Deda Hysenli, 29, di Skopye (Macedonia); Domenico De Angelis, 31, nato a Santa Maria Capua Vetere; Giovanni Romano, 45, nato a Napoli. Ai domiciliari: Salvatore Turco, 42 anni, nato ad Aversa; Felice Cesaro, 41, nato a Castellammare di Stabia (Napoli); Nicola Russo, 46, di Trentola Ducenta.

L’INDAGINE. L’operazione – ribattezzata dalla polizia giudiziaria procedente con il nome in codice “Nerone” dal nome del cane, un mastino napoletano, di proprietà di uno degli arrestati, la cui sorveglianza gli operanti hanno dovuto abilmente eludere per inserire microspie nelle pertinenze interessate – trae origine da una notizia confidenziale riguardante la presenza, nel comune di Casaluce, di un deposito destinato al ricovero di autovetture rubate. Dall’ascolto delle telefonate, nel corso delle investigazioni, sono ben presto emersi riscontri alla notizia, in particolare con riferimento all’attività e al ruolo di Pasquale Russo, ritenuto il capo dell’organizzazione. E’ risultato che molte telefonate dirette alle vittime da parte degli autori dei “cavalli di ritorno” venivano effettuate da telefoni pubblici per stranieri ubicati in zona (l’accorgimento era chiaramente finalizzato ad evitare di essere rintracciati facilmente).

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La tecnica utilizzata per perpetrare i furti di auto era, del resto, molto sofisticata: venivano impiegate centraline di decodificazione fornite dall’elettrauto della zona, grazie alle quali i criminali erano in grado di superare agevolmente gli ostacoli frapposti da antifurti di ogni genere. Estremamente semplice, invece, era la tecnica di apertura degli sportelli delle auto, in quanto veniva utilizzato un cavatappi idoneo allo scopo. Infine, all’atto della restituzione dell’auto rubata al proprietario – successivamente all’avvenuto pagamento della somma richiesta a titolo estorsivo – il veicolo veniva restituito e lasciato parcheggiato previa installazione di “blindo-sterzo”. Dalle conversazioni intercettate si aveva modo di constatare l’abbondante uso di linguaggio cifrato (ad esempio, termini come “pantalone”, “ragazza”, “chiave”, “libretto” e “ambasciata” venivano utilizzati per indicare le auto di interesse).

E’emerso, inoltre, che, nell’ambito dell’organizzazione criminale, si distinguevano, per il ruolo rivestito, tre sottogruppi: un primo gruppo si occupava prevalentemente del furto delle auto e della successiva attività estorsiva con il metodo del cosiddetto “cavallo di ritorno”; un secondo gruppo aveva il compito di porre in essere furti d’auto in vari territori della Campania; un terzo gruppo era, invece, dedito al riciclaggio di auto o di pezzi di auto rubate.

Nel corso delle indagini venivano scoperti i depositi dei veicoli rubati. Essi erano ubicati uno in Napoli, un altro in Casaluce, un altro ancora in Falciano del Massico e, infine, due a Gricignano. In tali depositi, anche all’atto della perquisizione, sono state rinvenute numerose attrezzature per il “taglio” delle auto, nonché centraline di decodificazione. Accertate la consumazione di più di 100 furti di auto e il recupero dicirca 20 veicoli di provenienza illecita. Oltre ai soggetti nei cui confronti oggi è stata eseguita l’ordinanza cautelare, nel corso delle indagini sono stati eseguiti arresti in flagranza nei confronti di altri sette soggetti. L’indagine ha evidenziato, del resto, il coinvolgimento nei fatti, complessivamente, di circa 50 persone, per molte delle quali non sono state richieste o non sono state accordate misure personali, per carenza di esigenze cautelari.

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