Il figlio di Provenzano in tv: “Violenza chiama violenza”

di Antonio Taglialatela

Angelo ProvenzanoROMA. E’ polemica sull’intervista rilasciata da Angelo Provenzano, figlio del boss mafioso Bernardo, alla trasmissione “Servizio Pubblico” di Michele Santoro.

Il 37enne, geometra, incensurato, chiede che al padre vengano riconosciuti “diritti e dignità”. “Chiedo – dice Provenzano junior – che si faccia una perizia per capire se mio padre è capace di intendere e di volere e se a livello neurologico possa essere curato. Non posso stabilirlo io, deve stabilirlo lo Stato. Noi siamo consapevoli che sarà difficile che mio padre possa essere scarcerato, ma quello che chiediamo e continueremo a chiedere è che venga curato”. “Mio padre – continua – vive un decadimento neurologico tale da non poter permettere la somministrazione di cure chemioterapiche per il suo tumore alla prostata. È sempre un cittadino italiano, un essere umano, la dignità umana va rispettata. Se mio padre è così scomodo allora qualcuno si prenda allora la responsabilità di istituire la pena di morte, anche ad personam”.

“VIOLENZA CHIAMA VIOLENZA”. Parla del suo rapporto con il padre e del suo vivere quotidiano, ovvero essere sempre sotto controllo. I collaboratori di giustizia, a suo dire, rappresentano un’anomalia del nostro Paese. “La mafia le fa schifo?”, gli chiede la giornalista. E lui: “Tutte le violenze, di qualsiasi tipo, mi danno fastidio”. Alla domanda su chi siano per lui Falcone e Borsellino, il figlio di Provenzano risponde: “Per me sono due vittime immolate sull’altare della Patria. Sono due vittime della violenza”. Linguaggio e struttura del discorso, che a un certo punto parla anche di “violenza che chiama violenza”, hanno sollevato la reazione tra gli altri di Walter Veltroni, Claudio Martelli e Salvatore Borsellino, fratello di Paolo. Per tutti si è trattato di un intervento “inquietante”. In collegamento video partecipava anche il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia.

LA VEDOVA BORSELLINO. Durante la puntata è stato mandato in onda l’audio della deposizione di Agnese Borsellino, vedova del giudice, dinanzi ai pm di Caltanissetta, che hanno riaperto le indagini sulla strage di via D’Amelio. “Paolo – dice la vedova – mi ha accennato che c’era una trattativa tra la mafia e lo Stato. Dopo la strage di Capaci mi disse che c’era un colloquio tra mafia e pezzi infedeli dello Stato. Questo è accaduto a metà giugno”. Come già emerso, racconta che il marito, sconvolto, le parlò di contiguità tra pezzi dello Stato e la mafia e le disse di avere saputo che l’ex capo del Ros, Antonio Subranni, era “punciuto” (uomo d’onore, ndr). “Paolo mi disse – racconta la donna – ‘mi ucciderà la mafia ma solo quando altri glielo consentiranno’”.

Intervista ad Angelo Provenzano

Agnese Borsellino- audio interrogatorio

SONIA ALFANO: “MINACCIATO LO STATO”.

Immediate le reazioni all’indomani dell’intervista. Sonia Alfano, eurodeputata e responsabile nazionale del Dipartimento Antimafia di Italia dei Valori, ritiene che “ieri sera una buona parte dei cittadini italiani, dopo aver subito per oltre quarant’anni la furia di una bestia feroce qual è stato Bernardo Provenzano, ha dovuto subire anche la violenza verbale di suo figlio. Espressioni come ‘la violenza genera violenza’ e ‘cosa dobbiamo fare? Ci accaniamo?’ sono evidenti minacce. Siamo certi che la procura aprirà un fascicolo per chiarire a chi erano rivolti questi messaggi non troppo subliminali e se non si tratti realmente di una gravissima intimidazione nei confronti dello Stato, che ovviamente non può passare inosservata”. “L’atteggiamento di Angelo Provenzano – continua la Alfano – ricorda molto quello del padre. Così anche il suo linguaggio, come ha sottolineato il procuratore Ingroia in collegamento dagli Usa. Angelo Provenzano non pronuncia mai la parola ‘mafia’, come a volerne negare l’esistenza, e parla di ‘rispetto assoluto’ trasmessogli dal più sanguinario capomafia che la storia del nostro Paese abbia conosciuto. E’ un’indecenza e mi auguro che i mezzi di informazione evitino, in futuro, di fare da cassa di risonanza rispetto a sproloqui di quel tipo”.

I PERITI: “PROVENZANO CAPACE DI STARE IN GIUDIZIO”. E mentre il figlio invoca in tv cure per il padre “gravemente malato”, i periti nominati dalla Corte d’assise d’appello di Palermo ritengono il capomafia Bernardo Provenzano “capace di stare validamente in giudizio”. La perizia, ordinata dai giudici, esclude dunque quanto sostenuto dalla difesa a proposito della demenza e dell’incapacità di Provenzano di capire quel che avviene attorno a lui. Il processo nel cui ambito è stato effettuato l’accertamento riguarda l’omicidio di Ignazio Panepinto, ucciso a San Giovanni Gemini (Agrigento) nel 1990. Imputato è pure Totò Riina: anche per lui il difensore aveva sollecitato la perizia d’ufficio, ma i giudici non avevano ritenuto che ve ne fossero gli estremi, mentre avevano deciso di fare indagare i sanitari, un neurologo e uno psichiatra, Iaccarino e Crisci, su Provenzano. Il boss corleonese, comunque, non è in perfetta salute e soffre di alcune patologie, legate anche all’età avanzata (ha compiuto 79 anni a fine gennaio). L’udienza di venerdì è stata rinviata per lo sciopero degli avvocati. Il 30 marzo i due esperti saranno interrogati in aula.

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