Onu. “In Siria 8mila morti per la repressione”

di Redazione

 DAMASCO. Le elezioni legislative in Siria si terranno il prossimo 7 maggio. Lo ha deciso il presidente Bashar al Assad, citato dal sito Internet del Parlamento siriano.

Estremo tentativo di dimostrare un volto democratico in un Paese da mesi martoriato. Anche oggi. Gli Stati Uniti hanno subito bollata come “ridicola” l’idea di organizzare delle elezioni “in mezzo agli scontri”. Victoria Nuland, portavoce del dipartimento di Stato americano, ha ribadito che il voto “per un parlamento che non è altro che una camera di registrazione, nel mezzo delle violenze cui stiamo che assistendo in tutto il Paese, è ridicolo”. Dodici membri dei servizi di sicurezza siriani sono stati uccisi in un’imboscata tesa dai ribelli vicino alla città di Dael, nella provincia meridionale di Daraa.

Lo ha riportato l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh): “Si dirigevano verso la città di Dael per effettuare una serie di arresti quando il loro veicolo è finito in un’imboscata tesa da un gruppo di disertori armati”, ha indicato l’organizzazione. È l’ultimo episodio di un calvario che miete morti sui due fronti.

Ottomila persone uccise in un anno. Questo è il bilancio dell’Onu delle vittime della repressione in Siria. Fra le vittime ci sono molti donne e bambini. Lo ha dichiarato il presidente dell’Assemblea generale, Nassir Abdulaziz al-Nasser, secondo cui le “violazioni dei diritti umani sono diffuse e sistematiche” e in questo “la comunità internazionale ha una sua responsabilità”.

Per l’opposizione siriana, il numero delle vittime è invece superiore a 9mila. Da un’inchiesta francese emerge che al Qaida (e per essa la sua ramificazione nella regione, Aqmi) è entrata direttamente nel conflitto interno in Siria, reclutando elementi, fatti arrivare seguendo un lungo percorso che ha avuto la Turchia come ultima tappa prima di valicare la frontiera turco-siriana.

Intanto, Kofi Annan, inviato dalle Nazioni Unite e dalla Lega Araba per una trattativa, ha spiegato di “attendere una risposta da Damasco” sulle “proposte concrete” per mettere fine a quasi un anno di violenze che lui stesso ha avanzato nei colloqui del fine settimana con il presidente Bashar al-Assad. Intanto l’opposizione siriana (il Consiglio nazionale siriano, Cns) ha promesso “piena cooperazione” politica. Prosegue l’assalto delle forze del governo siriano contro civili nel centro e nel nord del Paese. Lo denuncia l’attivista Mohamed Abdullah, precisando che “carri armari stanno colpendo la capitale provinciale di Idlib con artiglieria pesante dalle prime ore del mattino”.

In particolare a Idlib, un assalto ha provocato la morte di 10 soldati regolari. Truppe siriane hanno disposto mine lungo le strade usate dalle persone che fuggono dalle violenze verso la Turchia e il Libano. Lo ha fatto sapere Human rights watch (Hrw), in base alle testimonianze di profughi e di sminatori, precisando che le mine sono state piazzate nelle ultime settimane.

Il regime di Assad sta minando le zone di confine lungo quei tragitti utilizzati dai profughi che cercano di fuggire dalle violenze in Siria. La posa delle mine è cominciata nel novembre scorso. Ma testimonianze e conferme arrivano solo oggi. Un ex sminatore dell’Esercito siriano, passato all’opposizione, ha detto di aver bonificato a inizio marzo un’area nei pressi di Hasanieih togliendo almeno 300 ordigni. L’uomo ha anche raccontato – riporta la Bbc online – che un ragazzo 15enne ha perso una gamba mentre aiutava una famiglia ad attraversare il confine con il Libano.

“Qualsiasi uso di mine antiuomo è ingiustificabile”, ha denunciato Steve Goose, direttore della divisione armamenti di Hrw: “Non vi è nessuna giustificazione per l’uso di questi strumenti bellici da parte di un paese, per qualsivoglia scopo”.

Sono 230mila i siriani fuggiti dalle loro case dall’inizio delle violenze nel Paese l’anno scorso. Lo ha fatto sapere Panos Moumtzis, il coordinatore per la Siria dell’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, precisando che 30mila persone sono già scappate in Turchia, Libano e Giordania. “Tutti i giorni – ha aggiunto – centinaia di persone attraversano il confine per recarsi in uno dei Paesi vicini”.

Parlando ai giornalisti a Ginevra Moumtzis ha spiegato che, secondo la Mezzaluna rossa, in Siria ci sono inoltre almeno 200mila sfollati interni. Circa 110mila rifugiati che vivono in Siria, soprattutto iracheni, stanno inoltre soffrendo a causa di condizioni di vita difficili, soprattutto l’aumento dei prezzi dei prodotti di base. I prezzi, ha riferito Moumtzis, “sono saliti alle stelle” a causa della svalutazione della lira siriana. Un funzionario siriano e alcuni testimoni avevano detto a novembre ad Associated Press che la Siria aveva piazzato mine lungo alcune parti del confine con il Libano per prevenire il contrabbando di armi. Migliaia di siriani sono scappati in Turchia e in Libano dall’inizio della rivolta contro il governo del presidente Bashar Assad.

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