I giudici: “Setola pericoloso perché aggregava giovani”

di Redazione

Giuseppe SetolaCASERTA. “La particolare pericolosità delle azioni commesse da Setola e condivise dal suo ‘direttivo’ (Alessandro Cirillo e Giovanni Letizia in particolare) sta nell’avere riprodotto il ‘modello aggregante’ di una camorra più aggressiva e violenta, …

… capace di offrire effimero senso di onnipotenza e temporaneo benessere economico a un plotone di giovani pronti a saltare dalla parte sbagliata. Setola sposta l’asse del suo gruppo verso soggetti diversi, più giovani, e si libera lentamente ma inesorabilmente dei precedenti affiliati non più graditi”.

E’ questo uno degli snodi delle motivazioni della sentenza di condanna emessa a ottobre scorso per il capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi, Giuseppe Setola, e di altri 34 presunti affiliati, tutti di età compresa tra i 20 e i 30 anni. Il documento del giudice estensore Raffaello Magi, presidente del collegio giudicante della prima sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere è stato depositato in cancelleria.

Dai tentati omicidi a Villaricca, nel napoletano, di Maria e Francesca Carrino, a quelli di Salvatore Orabona e Pietro Falcone a Trentola Ducenta, alle oltre 100 estorsioni commesse su tutto il territorio casertano; dalla fuga nelle fogne di via Cottolengo a Trentola, fino alla cattura di Setola e di due complici a Mignano Montelungo, la sentenza abbraccia tutto il periodo dei 9 mesi di latitanza del superkiller detto “òcecato” per una malattia agli occhi che lo porto dal carcere in ospedale favorendone la fuga.

Nelle 431 pagine

della motivazione si sottolinea la capacità di Setola e dei suoi di ‘arruolare’ ragazzi incensurati provenienti dai paesi della provincia di Caserta e insospettabili napoletani, come l’italoamericano John Peram Loran, che nascose Setola in un’abitazione di via Manzoni a Napoli dopo un agguato del 12 dicembre del 2008. La parte finale del capitolo quinto della motivazione è tutta dedicata all’inclusione dei giovani nel gruppo militare del clan dei Casalesi retto per un periodo anche da Gianluca Bidognetti, figlio del boss ergastolano Francesco e della collaboratrice di giustizia ed ex compagna del boss, Anna Carrino.

“Gianluca Bidognetti aveva un ruolo di preminenza nell’ambito del gruppo di giovani affiliati”. Bidognetti junior era stato giudicato con altri nel processo con rito abbreviato davanti al giudice di Napoli Luisa Toscano e condannato a 8 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso e concorso nel tentato omicidio di Francesca Carrino, sua cugina.

In abbreviato erano stati condannati anche Salvatore Santoro, 20 anni, autista di Setola, e Raffaele Granata, 23 anni, laureando in teologia, fino ad allora incensurati. Dai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, invece, condanne per Angelo Rucco, Paolo Gargiulo, Domenico Luogo, Nicola Cangiano e Giuseppe Barbato, tutti di età compresa tra i 19 e i 30 anni. Giovani, stando al giudice estensore, erano anche le prostitute che venivano fornite ai boss latitanti.

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