Mafia e politica, Santa Maria Capua Vetere si interroga

di Redazione

 SANTA MARIA CV. Sabato mattina, in un affollato Salone degli Specchi dello storico Teatro Garibaldi, si è tenuta la conferenza “Trasparenza, anticamorra e lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione”.

L’iniziativa, fortemente voluta dall’assessore comunale alla cultura Mario Tudisco, ha visto la partecipazione di diverse personalità di spicco istituzionali e sociali impegnati nella lotta attiva all’anticamorra. Il dibattito, moderato dall’avvocato Emilio Maddaluna, si è arricchito degli interventi di Sergio Tanzarella, della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, Tano Grasso, presidente dell’Associazione nazionale antiracket, don Aniello Manganiello e Giovanni Conzo, pubblico ministero della Dda di Napoli.

L’interessenza tra camorra e potere politico è una questione di stretta attualità sia dal punto di vista locale, che nazionale. Il complesso tema è stato sviluppato da diversi punti di visti, in base alle competenze ed all’esperienze dei presenti.

Don Aniello, che ha esercitato la sua missione per sedici anni a Scampia, ha messo in luce come la violenza esercitata su questo territorio, ha visto la colposa connivenza del potere politico e istituzionale nel produrre zone in cui il camorrista si è sostituito allo Stato, che viene percepito assente dal cittadino.

Tano Grasso, nella sua ventennale esperienza nell’anti-racket ,ha potuto verificare che le mafie si caratterizzano rispetto alla criminalità proprio per la loro capacità intrusiva nella sfera istituzionale e politica: si tratta di una sorta di pacifica convivenza. Tuttavia, esiste una differenza tra il politico colluso e il politico inadeguato. Questo è il caso che più si riscontra in Campania, laddove il politico, quando non è colluso, rinuncia a priori a fare il suo mestiere ed a porsi come garante della legalità.

Il magistrato della Dda, il dottor Conzo, ha reso più comprensibile ai ragazzi, come si viene a creare la filiera camorra-politica-imprenditoria. Il mafioso sceglie il proprio candidato alle elezioni, lo sostiene garantendogli un pacchetto di voti ed in cambio ottiene non solo la sua silente legittimazione , ma soprattutto l’assegnazione di appalti pubblici o la distrazioni di fondi destinati alla pubblica utilità verso degli imprenditori compiacenti. Saranno quest’ultimi che foraggeranno il circuito malavitoso con lo stanziamento di tangenti, rendendo il circuito inattaccabile agli altri concorrenti. A farne le spesse saranno però i cittadini, costretti a sopportare i costi di opere inutili o mai compiute, ed estromessi dalla libera concorrenza di mercato.

Il professor Tanzarella ha voluto alzare la guardia sul pericolo dell’antimafia, a volte strumentalizzata da parte degli stessi malviventi per dotarsi di una patente di legalità. Tanzarella ha invitato i giovani a dotarsi di uno spirito critico osservando il proprio territorio: la”realtà delle pietre e del cemento”. La mafia prolifera sull’asse urbanistica- smaltimento dei rifiuti. Il cittadino da solo può rendersi conto dei rapporti incestuosi tra malavita e pubblica amministrazione, nel verificare che in Campania le abitazioni sono quattro volte superiori alla popolazione presente, e che lo smaltimento di rifiuti tossici, ha distrutto la produttività agricola. “Tuttavia perché nessuno denuncia?”, è la domanda che si pone lo studioso.

I diversi punti di vista hanno trovato convergenza su di una considerazione finale: assuefazione e rassegnazione dei cittadini onesti sono i mali più grandi che dovranno essere debellati, affinché la politica sia costretta a combattere le mafie e non a conviverci come avviene da troppo tempo.

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