Stupro L’Aquila, usato oggetto metallico. Tuccia in cella con Parolisi

di Emma Zampella

da sin. Francesco Tuccia e Salvatore ParolisiL’AQUILA. Un curioso destino quello che intreccia le vite di Francesco Tuccia e Salvatore Parolisi: entrambi militari, entrambi accusati di reati commessi con violenza contro due donne, adesso condividono la stessa cella nel carcere di Castrogno, a Teramo.

Ed essendo proprio appartenenti all’Esercito si è ritenuto opportuno di rinchiuderli in un reparto di maggiore protezione, non solo per il loro ruolo, ma anche per l’efferatezza dei delitti per i quali sono sospettati e che in teoria li espongono a ipotetiche ritorsioni da parte di altri detenuti secondo un certo “codice” che vige nelle carceri. Intanto, fuori proseguono le indagini coordinate per entrambi i casi dal gip Giuseppe Romano Gargarella che, ironia della sorte, è lo stesso giudice che ha presieduto il tribunale del riesame che la scorsa estate ha negato la libertà a Parolisi. Per l’interrogatorio di garanzia non ci sono alternative: si farà lunedì prossimo o martedì. Il giovane militare sarà assistito dall’avvocato di fiducia, Alberico Villani, del foro di Avellino.

Una violenza, quella compiuta 13 giorni fa ai danni di una 20enne di Tivoli che frequenta l’ateneo aquilano, che pian piano rivela una dinamica sempre più chiara. Lo stupro sarebbe stato compiuto utilizzando un corpo metallico che avrebbe procurato le profonde ferite che hanno costretto la giovane a sottoporsi ad un’operazione. La vittima, ancora in stato di shock, non è al momento in grado di fornire ulteriori dettagli di quanto accaduto in quella fredda notte, quando è stata trovata dal proprietario di una discoteca tra la neve, seminuda e sanguinante.

“Nello stupro é stato utilizzato uno strumento metallico, di ferro”, ha detto il procuratore capo della Repubblica dell’Aquila, Alfredo Rossini, tuttavia l’oggetto non è stato ancora ritrovato. L’ordine di custodia cautelare, con l’ipotesi di reato di tentato omicidio, conferma quelle che sono state le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi.

La scelta della custodia cautelare è spiegata così motivata dal gip: “L’estrema brutalità dimostrata nell’azione, la crudeltà usata, la totale mancanza di scrupolo nel lasciare la ragazza massacrata esposta alla morte per gelo o dissanguamento pone la pericolosità sociale dell’indagato ai massimo livelli e fa concludere che nessuna misura cautelare oltre la custodia in carcere possa essere minimamente idonea a ovviare alle esigenze cautelari esistenti e in particolare al pericolo della reiterazione di ulteriori reati della spessa specie”.

Nell’ordinanza si fa riferimento anche a difficoltà di ricostruire l’episodio in modo corretto: “La ricostruzione dei fatti – dice il giudice – risulta essere stata operata con precisione malgrado le difficoltà da parte delle persone informate sui fatti di fare una scansione nitida alla luce del particolare contesto ambientale: discoteca che diffonde musica con ritmo incalzante e con somministrazione continua di bevande alcoliche che non certo la puntualità, la indicazione degli orari di concatenazione degli eventi anche se questi alla fine appaiono ben individuati e descritti. Alla fine le indagini di polizia giudiziaria hanno consentito la piena ricostruzione di quanto avvenuto”.

A parlare dopo 13 giorni è anche il proprietario del locale “Guernica”, al di fuori del quale si è consumata la violenza, Luigi Marronaro, che descrive così il militare Tuccia: “Era tranquillo, non avrei pensato che fosse capace di una violenza così grave. A vedere il ragazzo, che abbiamo bloccato, e che poi è rimasto tranquillo per tutta la notte fino alle 8 di mattina nella discoteca mentre i carabinieri facevano le indagini, non avrei pensato che fosse capace di una violenza così grave. A me ha detto ‘l’ho solo baciata e avuto un rapporto sessuale’”.

Il titolare della discoteca è stato il primo a soccorrere e a salvare la vita alla studentessa trovata fuori dal locale, svenuta e insanguinata, in mezzo alla neve, con una temperatura di 10 gradi sotto lo zero. “In trent’anni di attività, – prosegue Marronaro – al di là di scaramucce risolte con l’intervento degli addetti della sicurezza, non mi era mai successo nulla del genere. Ho avuto paura che la ragazza morisse. Qualcuno mi ha detto che ho sbagliato a muoverla, ma non ci ho pensato un attimo a trasferirla all’interno perché altri cinque minuti lì fuori e avrebbe rischiato seriamente di morire. Nonostante avessi vestiti pesanti non riuscivo a stare fuori”.

La discoteca “Guernica” sabato sera riaprirà i battenti, e Marronaro si “difende”: “Dopo il grave fatto, – afferma – abbiamo aumentato la sicurezza all’interno del locale e previsto un metronotte all’esterno. La discoteca è stata dissequestrata dopo i dieci giorni di chiusura, stabilita dal questore su richiesta dei carabinieri. Abbiamo deciso di riaprire perché, nonostante ancora scioccato da quanto accaduto, dobbiamo andare avanti. Questo è il nostro lavoro”.

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