Lusi chiede il patteggiamento. Il Pd lo esclude dal gruppo

di Mena Grimaldi

Luigi LusiROMA. Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, indagato per essersi appropriato di 13 milioni di euro, è stato espulso dal gruppo Pd al Senato.

Dopo essere stato invitato a dimettersi, non avendo accettato, il gruppo del Pd al Senato, all’unanimità, ha approvato la sua esclusione dal partito. Sui soldi sottratti, Lusi ha chiesto il patteggiamento di un anno di pena, ma i giudici temporeggiano, o meglio, non la ritengono congrua. Per l’ex tesoriere, il quale ha ammesso il prelievo del danaro dalle casse della Margherita, l’accordo potrebbe chiudersi con una condanna a due anni di reclusione, compresa la sospensione condizionale.

Intanto, è in corso la trattativa per la restituzione dei soldi. Lusi, al momento, non è in grado di consegnare più di cinque milioni, tenendo conto che dei 13 milioni prelevati cinque sono stati versati all’erario per le operazioni immobiliari, ossia l’acquisto di un lussuoso appartamento nel centro di Roma ed una villa a Genzano, e per le operazioni finanziarie da lui svolte.

“E’ incredibile”, afferma Enrico Letta, ex Margherita, “questa storia dei 13mila euro”. Marco Stradiotto, senatore Pd ed ex esponente della Margherita, commenta: “So che quando servivano i soldi per le campagne elettorali non c’erano. Nel 2006 la campagna di Prodi l’abbiamo fatta coi fichi secchi, proprio perchè Lusi aveva chiuso i cordoni della borsa, tanto si vinceva lo stesso. Se avessimo fatto una campagna più aggressiva, invece di pareggiare avremmo magari vinto. I soldi all’interno di un partito devono essere usati per fare politica. Ma se poi avvengono questi fatti la situazione fa riflettere”.

Ciò che queste ore, di fatto, lascia increduli, è come possano essere spariti così tanti soldi senza che nessuno se ne sia accorto. E in tanti si chiedono anche quanti soldi avesse a disposizione la Margherita per poter permettere a Lusi di prelevare, a loro insaputa, una tale somma? “Occorre – dice il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti – che il finanziamento, collegato alle elezioni, sia più contenuto, erogato in tempi più definiti e non più a partiti nel frattempo scomparsi, ancorato, in parte, al metodo democratico per la scelta dei candidati alle elezioni e alla presenza di entrambi i sessi. Deve infine essere preteso, pena la non erogazione, che il controllo sull’uso delle risorse pubbliche avvenga con certificazione esterna ai partiti”. L’ex ministro propone inoltre “l’obbligo per i gruppi parlamentari di rendere pubblico il bilancio”.

Richiesta analoga arriva dal Pdl, con il vicepresidente della Camera Antonio Leone, che suggerisce di “porre fine all’erogazione a fondo perduto dei contributi e istituire per legge la trasparenza contabile dell’utilizzo dei fondi. I partiti non possono più restare soggetti svincolati dalle regole generali”.

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