Centro antico: i Coppola si impegnarono solo per fase progettuale

di Redazione

 CASTEL VOLTURNO. La scorsa settimana è stata affrontata la questione del centro antico di Castel Volturno, denunciando lo stato dei luoghi, così come appare gli occhi del visitatore che si accinge ad entrare nei luoghi della memoria della città del litorale domitio.

Dopo una riunione del direttivo della Pro Loco Volturnum, tenutasi venerdì 17 febbraio, ed a seguito di un primo incontro conoscitivo tenutosi con il responsabile culturale del suddetto gruppo associativo, il professor Alfonso Caprio, la questione sembra più complicata del previsto: occorre una vera e propria inchiesta sulla vicenda che cominci a smuovere le coscienze.

10 maggio 2001 (La stipula del Protocollo d’intesa). Questa storia inizia undici anni fa, anche perché se vogliamo trattare di argomenti precedenti a questa data, ci perderemo nella nebbia della storia di Castel Volturno. Qualcuno potrebbe dire, dopo 11 anni ci ritroviamo ancora un castello e un centro antico cadente? Ebbene sì… Il suddetto documento fu sottoscritto tra la Regione Campania, la Provincia di Caserta, il Comune di Castel Volturno, il comune di Villa Literno, il consorzio Rinascita e la società Fontana Blu. Le famose “Torri” di Pinetamare non erano state ancora abbattute e sul territorio operava il Commissario di Governo per la gestione delle aree demaniali, Ciclosi. In atto c’era la definizione di un contenzioso tra lo Stato e i Coppola e con questo strumento, la Regione Campania guidata dal presidente Antonio Bassolino, intendeva dare slancio “uno sviluppo socio economico legato al turismo e al recupero ambientale”, il consorzio Rinascita guidato dai Coppola si proponeva di lanciare un’idea progetto per riqualificare la fascia costiera Domiziana attraverso il PIT Litorale Domizio, ma nel contempo doveva tenere conto del fatto, che da un lato c’era in atto il contenzioso con lo Stato e dall’altro Castel Volturno non ha mai avuto un piano regolatore generale. Primo passo per attuare il protocollo d’intesa l’abbattimento delle otto torri, viste da tutti come il simbolo del degrado assoluto sul territorio, mentre ci si dimenticava di altre faccende.

Articolo 3 del Protocollo d’Intesa Dopo avere incassato il placet dei vari organi amministrativi, nonché del commissariato di Governo, anche se la Regione Campania non considerava già all’epoca esaustivo il programma di interventi il Consorzio Rinascita, con a capo la Fontana Blu, si assunsero l’impegno “di procedere all’abbattimento delle Torri; di redigere a proprie spese e cura la progettazione generale e definitiva per le opere da realizzare sul territorio” ed infine, al comma 7 dell’articolo 3 del protocollo d’intesa è previsto “riqualificazione urbanistico ambientale, infrastrutturale e funzionale del castello medievale e dell’intero Borgo San Castrese da concordarsi con l’amministrazione comunale”. Al riguardo nella premessa di questi interventi, viene rilanciata la proposta, da parte dei privati di essere: promotori attivi… ove possibile anche realizzativi, anche se, sempre nel suddetto articolo 3 i privati specificarono: “Il Consorzio Rinascita e la Fontana Blu si impegnano…a perseguire gli obiettivi (tra i quali anche la vicenda Castello e Largo San Castrese), ma che non sono esaustivi in relazione agli interventi da farsi”.

Ciò significa che nel quadro degli interventi da fare e degli impegni assunti, la parte privata si adoperava ad espletare progetti ai quali poi occorrevano i pareri e il supporto tecnico delle amministrazioni dello Stato, ma sul piano degli interventi realizzativi non erano da considerarsi esaurienti. Una volta sottoscritto il protocollo d’intesa occorreva lo strumento dell’Accordo di Programma, strumento legislativo previsto dal Testo Unico degli enti locali per approvare e supportare tale intesa. Detto, fatto.

Continua…

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