Camorra, 10 arresti contro clan di S.Erasmo: coinvolti due carabinieri

di Redazione

 Carmine MontescuroNAPOLI. Gli uomini della Dia di Napoli ha dato esecuzione alla misura cautelare, emessa dal gip di Napoli, su richiesta della Dda partenopea, nei confronti di dieci persone indagate, a vario titolo, per aver fatto parte del clan camorristico facente capo a Carmine Montescuro, 77 anni, detto “zì Menuzzo”, …

…storicamente attivo nella zona cittadina di Sant’Erasmo, ricompresa nei quartieri di piazza Mercato, delle Case Nuove e di Ponticelli, nonché responsabili di numerosi episodi estorsivi perpetrati in danno di imprenditori ed operatori commerciali napoletani.

In arresto sono finiti, oltre a Montescuro: Nino Argano (alias “‘O Talebano”), 47 anni, di Napoli, già detenuto; Giovanni Avolio, 54 anni, di Napoli-quartiere Poggioreale; Vincenzo Bonavita (alias “Vicienz ‘o curt”) 66 anni, di Napoli-quartiere San Giovani a Teduccio; Nicola Cioffi, 52 anni, di Santa Maria a Vico (Caserta); Giuseppe Cozzolino (alias “Frateme Peppe”), 56 anni, di Napoli; Vincenzo Milone (alias “Tettillo”), 41 anni, di Napoli; Carmine Montescuro (alias “Zazzà” o “Carognetta”), 51 anni, di Napoli-quartiere Poggioreale; Salvatore Napolitano, 54 anni, di Dugenta (Benevento); Ferdinando Ottaviano (alias “Nanduccio ‘a carogna”), 52 anni, di Napoli.

Le indagini hanno messo in luce una strutturata ed articolata organizzazione camorristica ed, in particolare, la figura del suo carismatico capo, Carmine Montescuro, storico esponente della camorra napoletana, il quale risulta, anche secondo quanto dichiarato da diversi collaboratori di giustizia, da anni presente nelle principali dinamiche criminali con il ruolo di paciere e mediatore tra i principali clan camorristici della città. Grazie a tale ruolo, da tutti riconosciutogli, Montescuro, da un lato, è sempre riuscito ad evitare coinvolgimenti diretti nei molteplici scontri armati registratisi negli ultimi decenni nella città di Napoli, dall’altro è riuscito a “gestire” senza alcun problema ed interferenza il suo quartiere di residenza. Che Montescuro fosse pienamente addentro alle dinamiche criminali è stato ampiamente dimostrato dall’attività investigativa che è stata svolta, tra l’altro, in un periodo particolarmente effervescente, il 2009, caratterizzato da una serie di situazioni conflittuali tra i clan operanti nella zona orientale di Napoli a seguito del pentimento del boss Peppe Sarno. Diversi, infatti, sono stati, in tale periodo, gli interventi di “zì Menuzzo” finalizzati a mediare contrasti sorti tra le opposte fazioni createsi all’interno del caln Sarno e Mazzarella a seguito del pentimento del capoclan Sarno.

Tra le altre è stata monitorata anche una vicenda che ha visto il gruppo criminale in parola protagonista di una situazione di tensione con una frangia del clan Sarno, vicenda conclusasi positivamente, grazie all’intervento di “zì Menuzzo”, con tanto di incontro pacificatore avvenuto platealmente nella piazza Sant’Erasmo, quartier generale dell’organizzazione, con la partecipazione di tutti gli esponenti apicali del clan Sarno e compiutamente videoripreso da una telecamera di sorveglianza posta dalla Dia a monitoraggio della piazza. Le indagini hanno evidenziato, altresì, un allarmante spaccato sui rapporti tra esponenti politici e clan camorristici, soprattutto nel periodo della campagna elettorale per le elezioni provinciali della primavera del 2009. Veniva monitorata, infatti, una vicenda che, sebbene non concretizzatasi in ipotesi di reato, fa ben comprendere quanto sia utile ricorrere alle consorterie criminali locali per ottenere consenso elettorale.

In particolare, è emerso che, nel corso della campagna elettorale per le elezioni provinciali del giugno 2009, il clan è stato interessato dalla segreteria di un candidato di una lista presentatosi nel collegio elettorale competente per la zona di Sant’Erasmo – per l’affissione, nel quartiere, dei manifesti elettorali, dietro corrispettivo di denaro. La vicenda veniva gestita direttamente dal capo clan il quale, inizialmente, rifiutava la somma di denaro propostagli ritenendola non congrua ed, in un secondo momento, solo dopo aver ottenuto quanto preteso, dava disposizioni ai suoi “ragazzi” di procedere all’affissione in esclusiva per quel candidato. E’ stato riscontrato, poi, che il quartiere veniva effettivamente tappezzato di manifesti elettorali del candidato in questione, il quale veniva eletto facendogli ottenere nel collegio elettorale una percentuale di voti nettamente superiore (oltre il doppio) a quella riportata dagli altri candidati nella stessa lista negli altri collegi.

Agli indagati vengono contestati anche numerosi episodi estorsivi commessi in danno di alcuni imprenditori , tra i quali il titolare di un’impresa impegnata nel rifacimento del manto stradale di via Brin. L’attività estorsiva è risultata essere la principale fonte di sostentamento del clan, che naturalmente provvedeva anche al mantenimento degli affiliati detenuti. Dal monitoraggio dell’organizzazione è emerso, infatti che gli affiliati, soprattutto nel periodo canonico di riscossione delle rate estorsive, venivano febbrilmente impegnati dal loro capo in tale attività in danno di numerosissimi operatori commerciali della zona, molti dei quali non si è riusciti ad identificare in mancanza di riferimenti utili.

Nel periodo di Pasqua 2009, a causa della forte necessità di reperire denaro per le famiglie dei detenuti, il capo clan diede ordine ai suoi affiliati di richiedere (senza usare metodi costrittivi particolarmente violenti) l’anticipo anche della rata di ferragosto.

In due degli episodi estorsivi contestati è emerso anche il coinvolgimento di due ex appartenenti all’Arma dei Carabinieri, destinatari, anch’essi, della misura cautelare, tratti in arresto da personale del comando provinciale carabinieri di Napoli.

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