L’Udc e la sfiducia al sindaco: “Politica o dispetto?”

di Antonio Arduino

Piazza MunicipioAVERSA. La querelle delle mancate dimissioni degli assessori aderenti all’Udc, chiesta espressamente da Domenico Zinzi, presidente della provincia di Caserta, quale logica conseguenza politica delle scelte fatte, ad oggi, dal leader nazionale del partito, Casini, dovrebbe far riflettere gli elettori aversani …

… sulle motivazioni che spingono i due componenti della giunta a restare saldamente attaccati alla poltrona. Ma non solo. La riflessione andrebbe fatta anche sulla qualità della vocazione politica che ha spinto i due assessori a scendere, a suo tempo, nell’agone elettorale per mettersi a disposizione della collettività, chiedendo sostegno ad uno schieramento politico del quale non intendono rispettare le direttive.

Volendo essere dei liberi pensatori al servizio della collettività avrebbero dovuto proporsi in una lista civica che, in teoria, non segue idee politiche ma solo idee nate dalle esigenze della gente e del territorio che intende amministrare, in caso di vittoria. Invece no, scelgono di essere esponenti dell’Udc e poi dicono no quando il partito chiede loro di lasciare la stanza dei bottoni. Perché? Forse non intendono contribuire a sfiduciare il sindaco per senso di amicizia? E’ possibile, l’amicizia va rispettata, anche perché, a meno di due mesi del voto amministrativo, che senso avrebbe sfiduciare il sindaco?

Probabilmente nessuno sull’esito del voto di maggio, perché i risultati dell’amministrazione di centrodestra sono visibili a tutti. Chiunque vive ad Aversa può rendersi conto se cambiamento c’è stato ad Aversa negli ultimi dieci anni, al di là dell’espansione immobiliare che ha trasformato intere zone della città in dormitori. Sicurezza, legalità e sviluppo sono rimasti praticamente temi di convegni e dibattiti, come dimostrano tante piccole cose non fatte dai tanti amministratori della città che non solo si è avvalsa di dieci assessori ma anche di un nutrito nugolo di consiglieri delegati a seguire temi specifici. Tutti di interesse per la cittadinanza e che non potevano essere seguiti ognuno allo stesso modo e in maniera adeguata e soddisfacente se fossero stati appannaggio di un singolo assessore, perché il dono della ubiquità è solo dei santi. Metano, arredo pubblico, decoro urbano, cura del verde, periferie, servizi sociosanitari, manutenzione stradale sono alcune delle deleghe assegnate ai consiglieri della maggioranza che hanno lavorato per la città in questi dieci anni. I risultati sono visibili a tutti e tutti possono trarre le conclusioni e dare meriti.

Così, che senso avrebbe ora sfiduciare il sindaco prima che tagli il filo di lana della conclusione naturale del mandato? Dispetto o necessità politica-amministrativa? E che senso ha chiedere le dimissioni di due assessori liberi pensatori, quando politici cittadini di peso – in termini di voti – dopo avere denunciato pubblicamente, con dichiarazioni stampa, quella che consideravano l’insufficienza, l’inefficienza e la scarsa collegialità decisionale dell’amministrazione del Pdl si sono seduti poi sugli scanni assessoriali? L’esempio più eclatante è dato proprio da uno degli assessori Udc. Come qualcuno ricorderà anni fa, all’epoca del primo mandato dell’attuale sindaco, Diomaiuta espresse il suo dissenso su come veniva amministrata la città dal centrodestra pubblicamente, facendo persino affiggere manifesti. Si dimise. Ufficializzò una volontà di chiudere con la politica almeno con quella che aveva lasciato. Poi ci ripensò. Così, se Diomaiuta e Balivo non vogliono mollare è cosa normale, non la mollino, ma l’Udc li lasci andare, l’accanimento, non solo quello terapeutico, non ha senso.

Come si fa nelle squadre di calcio, se l’Udc vuole dimostrare di essere il partito del cambiamento dia agli assessori la lista gratuita, li liberi dal vincolo di partito e ritiri loro la tessera. Forse ne guadagnerà in credibilità e in voti.

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