CASERTA. Arresto bis per gli esponenti dellalleanza mafiosa, tra clan dei Casalesi e cosca dei Corleonesi, per il controllo del mercato dellortofrutta.
Le prime ordinanze di custodia cautelare erano state emesse lo scorso 15 novembre ma annullate dal Tribunale del Riesame di Napoli per vizi meramente formali e cioè per la totale mancanza di motivazione autonoma del gip rispetto alle richieste conclusive della Procura Antimafia. Poi la nuova richiesta della Dda e le successive misure cautelari in carcere emesse dal gip, ed eseguite dalle squadre mobili di Caserta e Trapani, con il centro operativo della Dia di Roma, nei confronti di: Nicola Schiavone, 32 anni, già detenuto, figlio di Francesco Sandokan Schiavone, capo storico dellomonima fazione dei Casalesi, anchegli in carcere al 41bis; Gaetano Riina, 74 anni, fratello del capo dei capi di Cosa Nostra Totò Riina; Antonio Sfraga e Massimo Sfraga, 45 e 38 anni, di Mazara del Vallo (Trapani), già detenuti; Carmelo Gagliano, 45, di Marsala (Trapani); e Pasquale Coppola, 24 anni, di Brusciano (Napoli).
Loperazione che ha portato ai sei arresti costituisce il prosieguo delloperazione Sud Pontino, coordinata dalla Dda di Napoli, e conclusasi nel maggio 2010 con lemissione di oltre 60 ordinanze di custodia cautelare in carcere. Unindagine che aveva svelato le infiltrazioni ed i condizionamenti del clan dei Casalesi – ala Schiavone nelle attività dei principali mercati ortofrutticoli del centro e del sud Italia, imponendo il monopolio dei trasporti su gomma alla ditta
Il prosieguo delle indagini, grazie anche allapporto di collaboratori di giustizia Gianluca Costa, uomo di fiducia e dipendente di Costantino Pagano, di Francesco Cantone e di Salvatore Laiso, hanno permesso di acquisire nuovi e gravi indizi a carico dei destinatari della presente misura restrittiva. In particolare, si accertava il pieno coinvolgimento di Nicola Schiavone, figlio di Francesco Sandokan, arrestato il 15 giugno 2010 dalla squadra mobile di Caserta, quale mandante dellomicidio di tre affiliati, nella gestione della Paganese Trasporti e nella fittizia intestazione a Pagano di quote societarie appartenenti al proprio gruppo familiare. Infatti, secondo le nuove acquisizioni investigative, il delfino e reggente del clan Schiavone veniva coinvolto direttamente nella gestione della ditta, anche per derimere i contrasti insorti con altre organizzazioni camorriste del napoletano, allorchè Pagano intraprendeva una vera e propria guerra di conquista dei mercati campani che, sino ai primi anni del 2000, erano controllati da ditte di trasporto contigue ai clan napoletani dei Mallardo di Giugliano e Licciardi di Secondigliano, tanto da indurre a ritenere che il primogenito di Sandokan fosse il vero dominus della Paganese.
Peraltro, il collaboratore Francesco Cantone ha riferito di un incontro avvenuto dopo larresto di Pagano e Paolo Schiavone, figlio di Francesco Cicciariello, tra Nicola Schiavone e lallora latitante Michele Zagaria, determinato dal proposito di questultimo di estendere la propria influenza sullo strategico mercato di Fondi (Latina), uno dei più grandi dEuropa, attraverso commercianti ed imprenditori a lui collegati. In quella circostanza Nicola Schiavone intimò al latitante di non intromettersi con una frase inequivocabile: Michele tu vuoi bene a mio padre?Allora devi volere bene anche a me! Lascia stare il mercato di Fondi perché è una cosa che me la vedo io . Invece, il collaboratore Gianluca Costa confermava come Paolo Del Vecchio ed il figlio Carlo, detto Carlino, arrestati nellambito delloperazione Sud Pontino, erano i referenti diretti degli Schiavone ed i depositari di ogni potere decisionale nella gestione delle attività criminose – quali il traffico di armi – e non, della Paganese Trasporti. Infatti, a loro Pagano si rivolgeva con deferenza ed a loro consegnava ingenti somme di denaro ricavate dalla gestione dellimpresa.
Il collaboratore Costa ha offerto un ulteriore contributo sulle alleanze strette tra i Casalesi ed i vertici di Cosa Nostra siciliana, tra cui Gaetano Riina, fratello di Totò, ed i fratelli Sfraga, referenti imprenditoriali delle famiglie Riina-Messina Denaro nel settore della distribuzione allingrosso di prodotti ortofrutticoli. Proprio alla luce di tale contributo, la Dda ha contestato a Gaetano Riina, ai fratelli Sfraga ed allimprenditore Carmelo Gagliano, titolare di una ditta di trasporti a Marsala (Trapani), il reato di concorso esterno allassociazione di tipo mafioso. Al riguardo, Costa ha fornito un importante contributo sulle strategie imprenditoriali di Pagano che, attraverso i fratelli Sfraga, intendeva acquisire il controllo esclusivo dei trasporti da e per i mercati della Sicilia Occidentale, offrendo in cambio un accesso privilegiato sui mercati campani e su quello strategico di Fondi, estromettendo tutti gli altri vettori campani, tra i quali il gruppo Panico, referente nel settore del clan Mallardo di Giugliano. In particolare, Costa riferiva di una riunione avvenuta in Sicilia a cui partecipò Pagano insieme agli Sfraga, a Gaetano Riina ed a Gagliano, in occasione della quale, in cambio del monopolio esclusivo dei trasporti sulle tratte Sicilia Occidentale-Campania-Fondi, offriva agli imprenditori Sfraga la forza di intimidazione del clan dei Casalesi per consentire loro di ampliare e consolidare le loro posizioni commerciali nei mercati campani ed in quello di Fondi, dove aveva esautorato altre ditte di trasporti collegate alla Ndrangheta calabrese.
Gli Sfraga, grazie alla loro appartenenza alla cosca mafiosa mazaro-corleonese, avevano acquisito il monopolio nella produzione e nella commercializzazione allingrosso di alcuni prodotti ortofrutticoli, in particolare i cocomeri che, poi, in virtù dellaccordo con i Casalesi, distribuivano, in regime di monopolio sui citati mercati attraverso la ditta di trasporti
Inoltre, laccordo con la mafia siciliana permetteva a Pagano di divenire il punto di riferimento e, quindi, di fatto controllare tutti i padroncini e le piccole imprese di trasporti, campane, siciliane e calabresi, che intendevano lavorare sulla stessa tratta. In questo modo, Pagano, raccolti gli ordinativi dei trasporti dai commercianti, in parte li soddisfaceva con i suoi mezzi ed in parte li distribuiva a propria discrezione fra i piccoli trasportatori che, però, erano costretti a pagare una provvigione, realizzando una moltiplicazione degli utili e mantenendo il controllo capillare di tutte le attività dei mercati sottoposti alla sua egemonia.
Ma la disponibilità di una flotta di autoarticolati così imponente, costituita da centinaia di automezzi, poteva essere funzionale anche ad altre attività illecite del clan dei casalesi, come il traffico di armi. Tale circostanza, infatti, era confermata dal sequestro di un micidiale arsenale, costituito da mitra Ak 47 Kalashnikov, mitragliatori pesanti Breda, lanciarazzi e migliaia di munizioni, operato dalla squadra mobile di Caserta nel luglio 2006, il cui acquisto era stato commissionato da Pagano per conto degli Schiavone-gruppo Del Vecchio. Secondo gli investigatori, le armi erano state importate dalla Bosnia grazie alla complicità di militari che vi prestavano servizio nel corso delle missioni di pace effettuate dopo il conflitto nellex Yugoslavia, utilizzando per il trasporto i loro mezzi di servizio.