San Paolo, una tradizione da recuperare

di Nicola Rosselli

la cattedrale di San PaoloAVERSA. Martedì 25 gennaio ricorre la Conversione di San Paolo e ad Aversa, come tradizione, si festeggia il Santo Patrono.

Una festività che da qualche anno passa sotto tono, soprattutto dal punto di vista dei festeggiamenti “esteriori”. Il riferimento è alla mega processione di una volta che portava in strada decine di Statue di Santi secondo un preciso ordine. Una sorta di omaggio che veniva reso al Santo patrono dai suoi “colleghi”.

Negli anni scorsi, non ricordo bene, forse sotto monsignor Lorenzo Chiarinelli, il lungo e suggestivo corteo di Santi fu soppresso per dare vita ad una funzione molto più spartana. Ebbene, credo, come ho sempre sostenuto, che quella decisione non fu felice (per usare un eufemismo). Infatti, a mio avviso, ha avuto il solo risultato di cancellare una tradizione che era entrata nel patrimonio socio-culturale della nostra città, tanto da generare anche modi di dire come la famosa frase “quanno vide ‘e sant ‘e argient è fernuta a prucessione”, utilizzato per dire che quando vengono fuori le persone importanti quell’avvenimento sta per finire. Nella pratica, la processione era articolata in maniera che alla coda della processione ci fossero i busti argentei di tre Santi: San Donato, San Sebastiano e, buon ultimo, in chiusura San Paolo.

Nei miei ricordi da bambino-adolescente è ben nitida la mobilitazione che iniziava il pomeriggio del 24 gennaio con le statue dei vari Santi che dalle chiese di appartenenza giungevano presso la Cattedrale di San Paolo. Grazie a mio nonno, che apparteneva alla congrega di Sant’Eligio presso la Chiesa dell’Annunziata, ho vissuto in prima persona il trasferimento della statua di San Nicola da questa chiesa al Duomo. Da qui, la mattina del 25 partiva questa lunga processione dove le statue dei Santi non erano incolonnate a caso, ma secondo un preciso ordine di…importanza. Il corteo religioso percorreva, poi, le più importanti arterie cittadine tra ali di folla, fedeli e non.

Ebbene, al di là della circostanza di essere o meno credente, penso che una simile tradizione non debba andare persa, anzi, credo dovrebbe essere ripristinata, anche perché non vi era alcuna manifestazione esteriore eccessiva che potesse far pensare ad una deriva ultrapagana. Un appello, quindi, al vescovo Angelo Spinillo affinché, ovviamente non quest’anno perché siamo fuori tempo massimo, faccia rivivere questo appuntamento che è anche un appuntamento con la nostra Storia.

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