Woodcock: “Intercettazioni fondamentali, ma basta protagonismi”

di Redazione

 SANTA MARIA CV. Il corso di procedura penale della professoressa Bene, quest’anno è terminato con una conferenza di grande interesse ed attualità: “La tutela del segreto d’indagine tra diritto alla riservatezza e diritto all’informazione”.

Palazzo Melzi, lo storico edificio sede della Facoltà di Giurisprudenza afferente alla seconda Università degli Studi di Napoli, è stato sede di un dibattito davvero interessante su un argomento di grande attualità. Il tema è stato introdotto dal Preside di Facoltà, il professor Lorenzo Chieffi. L’esperto costituzionalista, prima di lasciare la parola ai relatori, ha contestualizzato il problema al periodo di Tangentopoli, quando il problema della privacy fu invocato in relazione alla classe politica.Da quel momento, le intercettazioni ambientali e soprattutto quelle telefoniche sono diventate fondamentali ma anche controverse, per individuare le connessioni tra classe politica e criminalità. D’altra parte, ha sottolineato Chieffi, c’è la necessità di garantire l’archiviazione di notizie riservate.

Tra gli esimi ospiti presenti, possiamo annoverare il professor Menna e il dottor Pagliano, presentati dalla docente di procedura penale, professoressa Bene. La dottoressa, promotrice di questo consesso, ha cominciato dalla valutazione delle norme del codice di procedura del 1988. La tutela del segreto d’indagine rimanda necessariamente alle patologie dell’informazione. La rappresentazione mediatica dei processi crea una visione distorta dello stato delle cose in quanto, l’aula mediatica sembra più trasparente di quella giudiziaria. In tal senso, il processo mediatico è definito dalla Bene come “bulimico”, che fagocita qualsiasi informazione in violazione ai più elementari principi processuali, quali il ragionevole dubbio. Per la risoluzione della problematica, solo un quadro normativo di riferimento sulla disciplina può tutelare sia il procedimento stesso che, assicurare tramite una stampa corretta la trasparenza del processo.

La parola è stata ceduta, poi, al giornalista Geo Gnocchetti. Questi ha rivendicato l’applicazione di un regolamento etico anche nella pubblicazione di intercettazioni, fin quando non si è arrivati a Tangentopoli. Da quel momento in poi, si è cercato di disciplinare giuridicamente il diritto d’informazione. Il principio che dovrebbe seguire il giornalista è quello che si evince nel saggio di Rodotà: “Il diritto alla privacy è il diritto ad essere io”. Tale diritto sarebbe strumentalizzato solo a favore dei politici e quindi, una rivisitazione normativa ( il codice ne ha già avuto 11) sarebbe inutile. Gli stessi giornalisti dovrebbero attenersi al codice di autoregolamentazione datato 1993, nel quale veniva previsto ad esempio il divieto di pubblicazione del nome dei titolari dell’indagine, nonché il nome di eventuali indagati.

 L’ospite d’eccezione è stato comunque il sostituto Procuratore presso la Procura di Napoli, Henry John Woodcock. Noto alle cronache per i processi vip, rinominati “Vallettopoli”, e il “Savoia gate”, si occupa principalmente di reati contro la pubblica amministrazione. Il magistrato è partito da una valutazione particolare della cosiddetta “privacy collettiva”, ed il valore della violazione della stessa da parte dei media. La stampa ha fatto bene quando ha violato un certo muro di omertà, mettendo sotto la lente d’ingrandimento comportamenti illeciti che hanno obbligato lo Stato ad intervenire, come in Campania. Tutto. però,deve essere fatto nel rispetto delle regole che, per quanto riguarda questo argomento, può essere riassunto dal principio: “Right to be alone”. Nel caso in cui sia in corso un’intercettazione coperta, la fuga di notizie più che essere preoccupante dal punto di vista della violazione della privacy, è preoccupante per le ripercussione sull’indagine.

Per quanto riguarda il dopo discovery, il problema della riservatezza può presentarsi come una biforcazione. Da una parte, ci sono quegli atti rilevanti ai fine della determinazione della responsabilità penale, e questi dovrebbero essere resi pubblici. Dall’altra parte, si presentano atti non rilevanti o che riguardano terzi, che andrebbero preservati. Ciò posto, dopo che gli atti sono stati messi a disposizione, non ci deve essere nessuna preclusione alla loro diffusione pubblica. Le intercettazioni sono fondamentali, secondo Woodcock, in materie quali i reati contro la pubblica amministrazione e laddove ci sono collusioni tra le istituzioni e il mondo camorristico. Lo stesso magistrato non ha potuto negare, tuttavia, che nel circo mediatico ci sono degli interessi eticamente discutibili, come quelli di magistrati che ricercano una sorta di visibilità mediatica o di avvocati, che affollano le “aule televisive” a costo di patrocini gratis, solo per ottenere pubblicità su larga scala.

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