Urbanistica storica, tra degrado e speculazione edilizia

di Redazione

 SANTA MARIA CV. Un popolo senza memoria è un popolo che non ha futuro. Partendo da questo assunto abbiamo deciso di iniziare la riscoperta del passato della nostra cittadina attraverso lo stato in cui i suoi palazzi storici versano.

In questo nostro viaggio, che parte da lontano ma ci renderemo conto essere terribilmente attuale, abbiamo il piacere di aver trovato il nostro Virgilio nel professor Alberto Perconte Licatese, il massimo studioso della Storia della Vecchia Capua. L’esimio professore in primo luogo ci offre una panoramica sul valore storico ed architettonico dei palazzi patronali presenti in città. “La maggior parte dei palazzi patronali – ci spiega – tanne qualche raro esemplare del Seicento (il pal. Mazzocchi), risale al Settecento ed all’Ottocento. Le tipologie classiche degli edifici di questi secoli sono inconfondibili, topograficamente addensati nel centro storico, per ovvi motivi culturali, di struttura imponente, di ornamento armonico e di validità artistica. Tralasciando per il momento il discorso sulla presenza notevole in città dello stile liberty dei primi del ‘900, in particolare il valore del patrimonio edilizio privato è inestimabile, ma spesso bersaglio di decenni di speculazioni”.

Alle luce di queste considerazioni e dei continui moniti che lo stesso professore Perconte da anni lancia alle amministrazione pubbliche, abbiamo chiesto quale fosse lo stato dell’urbanistica in città e quali le prospettive. “Il discorso sul problema del centro storico e sul suo destino, nel breve e medio termine, meriterebbe una riflessione molto articolata che vada al di là degli scopi immediati di un articolo giornalistico”, ci confida con grande disponibilità lo studioso sammaritano.

“La città a partire dagli anni 1980-’90 si è sviluppata in maniera dissennata senza progetto, dettata solo da una politica clientelare dai grossi criteri affaristici. Il centro che, in alcuni palazzi opportunamente restaurati e ristrutturati avrebbe potuto ospitare istituzioni giudiziarie, museali, culturali o scolastiche, si è svuotato. Conseguenza ovvia da parte delle varie amministrazione è stato l’utilizzo di edifici privati o la costruzione di mostri di cemento con gravi oneri per le casse comunali. La maggior parte dei palazzi antichi sull’asse viario Mazzocchi-Garibaldi, versano nell’abbandono, nell’incuria, nella desolazione”. La situazione è grave al limite dell’indecenza e del grottesco.

 Il vecchio edificio del Municipio, fu ad esempio, chiuso nel 1980 dal regime dimuriano e le sue condizioni sono peggiorate dall’incuria e dal degrado del tempo, fino al giorno d’oggi, in cui la guida dell’amministrazione cittadina è passata da padre a figlio. Come non arrossire poi, nell’ “ammirare” le condizioni in cui versa palazzo Mazzocchi? Una costruzione seicentesca in quella che era la strada della Croce,che non solo ha dato i natali al grande archeologo e filosofo Alessio Simmaco Mazzocchi, ma anche ad Antonio Tari, critico ,filosofo ed artista tra le grandi eccellenze italiane del XXIX secolo.

Altro esempio, vergognosamente sotto gli occhi della popolazione, è il palazzo Teti. Questo palazzo nobiliare ospitò Garibaldi nella sua ascesa per l’unificazione italiana e proprio qui è fu siglata la” resa di Capua” il 2 novembre del 1860, che “assicurò il trionfo d’Italia e del suo diritto” come recita l’epigrafe. Il palazzo Teti Maffuccini, però passò nelle mani di Nicola Di Muro, a cui fu poi confiscato con altri ingenti immobili dalla Campania alla Francia. La resa siglata in questo palazzo, non fu dei Borboni al Regno di Sardegna, ma della legalità alla speculazione camorristica piu’ barbara.

La “casa di Garibaldi” a Santa Maria cade letteralmente a pezzi, che non arrivano sulla strada solo grazie alla presenza di ponteggi e reti protettive. Il degrado di questi palazzi si autoalimenta come già detto non solo dall’incuria o dalla mancanza di fondi dei gestori della cosa pubblica,ma soprattutto dalla connivenza tra interessi lobbistici e criminalità organizzata.

La peggiore forma di depauperamento del patrimonio cittadino, è la consapevole ignavia dello status quo in cui questi palazzi versano: lasciati all’abbandono, senza provvedere alla manutenzione ordinaria, l’obiettivo è che l’edificio crolli da sé, magari dopo averlo depredato delle ricchezze interne. Il professore Perconte in ultimo, sostiene che il fenomeno lungo le strade minori, perché meno appariscente e visibile, fa registrare un tasso di fatiscenza irreversibile ancora più alto e le prospettive più o meno immediate senza il ricorso urgente ad interventi di recupero sono nere.

Quanto vale la nostra identità comunitaria che in questi palazzi si ritrova? Gli evangelici trenta denari? Sembra giunto il momento che la comunità cittadina decida di dare una risposta definitiva a questa pluriennale domanda. A breve tasteremo il polso civile dei sammaritani.

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