Le donne carinaresi riprendono l’artigianato

di Emma Zampella

Maria BaroneCARINARO. Fatine operaie, il capo chino e gli occhiali bassi sul naso: tra ago e cotone, lana e ferri, uncinetto e filo, un gruppo di donne di Carinaro nella sede della Pro Loco riporta in vita l’artigianato.

Si incontrano tre giorni a settimana riportando le lancette dell’orologio indietro a quei tempi in cui non c’era la possibilità di comprare tutto ciò che occorreva, ma quei piccoli desideri da grandi “dive” prendevano forma grazie alla creatività delle nonne. Promotrice di questa iniziativa è Maria Barone, discendente de “‘A presidente”, Maria Cirella, colei che ha insegnato l’arte del cucito alle bambine carinaresi dal 1920. Una tradizione che ha trovato continuità in questo gruppo di donne, le quali, ancora oggi, si divertono ad accontentare i desideri e le richieste dei propri familiari e amici. Un lavoro laborioso che a tempi della maestra Cirella era reso difficile dalla carenza delle materie prime.

Come racconta Maria Barone, che raccoglie questa preziosa eredità: “A quei tempi, quando eravamo solo delle bambine, in mancanza dei ferri che adesso adoperiamo per lavorare la lana, la ‘Presidente’ ci faceva utilizzare le ali di pollo, prima fatte essiccare al sole”. Dai racconti delle signore si evince che il lavoro di Maria Cirella era molto apprezzato in paese: “Suddivideva le bambine in gruppi di cinque, che lavoravano per tutto il periodo estivo e per l’intera giornata. E lo facevano con il sorriso e la voglia di imparare. La ‘Presidente’ era in grado di effettuare qualsiasi lavoro: conosceva le tecniche dell’uncinetto, lana, taglio e cucito. Le riuscivano meglio i ricami e le coperte, quelli che adesso chiamiamo piumoni. Circa 40 anni fa le coperte erano fatte a mano: si usava raso damascato di San Leucio che veniva riempito di leacril. La futura coperta era poi imbastita e lavorata con punti nascosti. Queste coperte costituivano il corredo portato in dote dalle figlie al momento del matrimonio”.

Maria Cirella era solita unire la sua passione-professione per il cucito con la fede. Organizzatrice di tutte le manifestazioni e gli eventi religiosi, Barone ci racconta che la “Presidente” era reclutata per la creazione della cosiddette “scarpette da morto”. “Le scarpette dei morti – dice la Barone – erano fatte di stoffa bianca messa sulla pianta del piede una croce nera. Questo perché i morti all’epoca non indossavano le scarpe, troppo costose, e si preferiva cucire queste scarpette”.

La signora Barone ha allora ben pensato di mettere a disposizione la sua cultura artigianale al servizio delle proprie amiche che, nonostante non siano più giovincelle, hanno scelto di riprendere quest’arte. L’intero gruppo di “lavoratrici”, consapevoli dell’importanza di questi lavori artigianali che ormai non trovano più riscontro nella società odierna, si sono proposte come insegnanti per le giovani che hanno voglia di imparare. Una delle socie della Pro Loco ha anche invitato le signore a partecipare con uno stand alla Festa del Vino, il prossimo 8 dicembre, quando si potranno ammirare i loro lavori.

Le donne di Carinaro riprendono l’artigianato – VIDEO

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