Real Sito di Carditello, tra abbandono e razzie. Una vergogna tutta italiana

di Franco Spinelli

Il Real Sito di CarditelloCASERTA. La Reggia di Carditello fa parte dei 22 siti della dinastia reale dei Borbone in Terra di Lavoro, l’attuale provincia di Caserta, insieme al Palazzo Reale di Napoli, alla Reggia di Capodimonte, alla Reggia di Caserta e al Palazzo d’Avalos nell’isola di Procida.

Il nome deriva da “Carduetum, cardueti – cardito, carditello”, ovvero “luogo piantato a cardi”, perché il luogo si presentava disseminato, appunto, della pianta di cardo, tanto da formare una barriera per chi voleva inoltrarsi a piedi o a cavallo. Costruito dall’architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli, e situato a circa quattro chilometri ad ovest al centro abitato San Tammaro, a metà strada tra Napoli e Caserta, Carditello è un complesso architettonico sobrio ed elegante di stile neoclassico, destinato da Carlo di Borbone (1716-1788) a luogo per la caccia e l’allevamento di cavalli, poi trasformato, per volontà di Ferdinando IV di Borbone (1751-1752), in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l’allevamento di razze pregiate di cavalli e bovini. Non un semplice luogo di “svago” per i reali, dunque, ma vera espressione di imprenditoria ispirata dalle idee illuministiche che caratterizzavanoquei tempi.

Nel 1920 gli immobili e l’arredamento passarono dal demanio all’Opera Nazionale Combattenti. I 2070 ettari della tenuta furono lottizzati e venduti, esclusi il fabbricato centrale e i 15 ettari circostanti, che nel secondo dopoguerra entrarono a far parte del patrimonio del “Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno”. Nel 1943 fu occupata dalle truppe tedesche, che vi stabilirono il proprio comando. I vandalismi dei soldati contribuirono a incrementare lo stato di degrado.

Da allora la tenuta, che dovrebbe rappresentare una delle principali attrazioni turistiche della Campania e del Sud Italia, è in preda al più totale degrado e abbandono. E la razzia di decori, sculture, arredi architettonici, pavimenti, attrezzature agricole, è all’ordine del giorno. Una vergogna tutta italiana, testimonianza, mai come in questo caso, dell’assenza delle istituzioni e del disinteresse verso il grande patrimonio storico di queste terre.

Il 27 gennaio 2011 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a fronte dei debiti del consorzio di bonifica, ha disposto la vendita all’asta del complesso monumentale al prezzo base di 20 milioni di euro. Una prima asta è andata deserta, così come la seconda svoltasi a novembre. Ora la nuova asta sarà effettuata, il 15 marzo 2012, con un ribasso del 25 per cento, dunque al costo di 15 milioni di euro. Se anche quest’ultima andasse deserta, il prezzo scenderebbe attorno ai 10 milioni, e così via, fino a raggiungere una cifra “appetibile”. Il rischio è che il sito, finendo in mano a privati, potrebbe trasformarsi in un beauty center, un casinò, o comunque assumere una destinazione completamente diversa da quella originale.

Per impedire la vendita le associazioni chiamano in causa la Regione Campania, affinché estingua i debiti del consorzio e, dunque, blocchi l’asta. La proposta, da più parti lanciata al governo campano, è quella di far acquisire il sito al costo simbolico di un euro con l’impegno di provvedere al restauro e di stipulare una convenzione con l’ente proprietario per una gestione pubblico-privata. Sarebbe questo il solo modo per salvare Carditello, evitando che finisca in mano alla speculazione o, addirittura, e da queste parti non sarebbe una novità, alla criminalità organizzata. Intanto, visto che il sito non è protetto da vigilanza, proseguono i furti di affreschi, pavimenti e perfino di cancelli e di rame degli impianti elettrici.

Con le nostre videocamere siamo entrati nel sito in compagnia di Maria Rosaria Iacono, consigliere nazionale di “Italia Nostra”, e Antonio D’Agostino del comitato “Comunità Provvisorie”. Dalle immagini, che abbiamo confrontato con quelle del fotografo Salvatore Di Vilio, è palese il grado di incuria e abbandono dell’edificio, deturpato e razziato in ogni angolo. E le istituzioni, nel frattempo, restano a guardare, tra la rabbia della popolazione.

Carditello, tra abbandono e razzie – 1^ parte

Carditello, tra abbandono e razzie – 2^ parte

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