Camorra, è morto il boss Vincenzo Schiavone “Copertone”

di Redazione

Vincenzo SchiavoneSAN CIPRIANO.È morto la scorsa notte, nella sua casa di San Cipriano d’Aversa, il boss della camorra casalese Vincenzo Schiavone, detto “Copertone”. Aveva 38 anni.

L’uomo era da tempo malato. Era stato trasferito di recente dal carcere di Cagliari, dov’era stato assegnato il 18 agosto scorso, ad una clinica del capoluogo sardo e poi in una a Napoli, fino a quandola magistratura gli ha concesso di morire tra le mura di casa.

Schiavone fu arrestato dagli agenti della squadra mobile di Caserta la notte di Pasqua, il 25 aprile scorso, a Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino, dove seguiva una terapia riabilitativa dopo un’operazione in una clinica di Milano. Aveva chiesto attraverso i suoi avvocati di essere ricoverato lì, ma i giudici del tribunale di sorveglianza ad agosto gli avevano negato l’uscita dal carcere, inviandolo al “Buoncammino” diCagliari.

Detto “copertone” per la sua abitudine, sembra,di firmare gli omicidi dando fuoco al cadavere della vittima accanto ad una massa copertoni d’auto, Schiavone era ricercatodal30 settembre 2008 quando era sfuggito al blitz ‘Spartacus 3’, che portò all’esecuzione di 107 ordinanze di custodia cautelare contro il clan dei Casalesi.In quella circostanza le forze dell’ordine sequestrarono il suo computer nel quale era annotata la contabilità del clan, compresi i nomi di tutti gli imprenditori e commercianti che venivano sottoposti a taglieggiamento.

Secondo gli inquirenti, era incaricato di raccogliere i proventi delle attività estorsive e di curarne la gestione per la distribuzione degli stipendi ai membri del clan. Avrebbe anche partecipato al condizionamento di alcune campagne elettorali e all’affidamento di appalti pubblici sia per la realizzazione di opere pubbliche che per la gestione dello smaltimento dei rifiuti. Nel computer di Schiavone era stato trovato un file nel quale erano riportati l’elenco degli affiliati e la lista dei loro ‘stipendi’, nonché i nomi di tutte le aziende che pagavano il pizzo nell’agro aversano.

Le principali accusea suo carico erano di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione pluriaggravata, ricettazione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco. Per gliinvestigatori sarebbe stato colui che approvvigionava di armi la fazione Schiavone del clan dei Casalesi (quella che fa riferimento allo zioFrancesco Schiavone detto “Sandokan”, in carcere al 41bis) e il reggente della stessa fazione dopo l’arresto di quasi tutti gli esponenti di spicco.

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