La caccia a Gheddafi si sposta a Sirte. Sbloccati 1,5 miliardi di beni libici

di Redazione

GheddafiTRIPOLI. Dopo i controlli casa per casa a Tripoli alla ricerca di Mummar Gheddafi e dei suoi figli, la caccia al Raìs si sposta a Sirte.

Secondo fonti dell’Eliseo vicine al presidente francese Nicolas Sarkozy il Colonnello sarebbe stato localizzato proprio nella sua città natale, ultima roccaforte del regime. E ora i tornado britannici stanno bombardando con missili ad alta precisione un vasto bunker proprio a Sirte. “Una formazione di Tornado GR4 ha lanciato missili Storm Shadow contro un vasto bunker quartier generale”, informa il ministero della Difesa in un comunicato. Non ci sono indicazioni che Gheddafi fosse a Sirte o nel bunker al momento dell’attacco. “Non è questione di trovare Gheddafi, ma di assicurare che il regime non abbia la capacità di continuare la guerra contro il popolo libico”, ha detto il ministro della Difesa Liam Fox alla Bbc. Gli insorti stanno avanzando e anche soldati francesi e britannici stanno aiutando le unità dei ribelli libici a preparare l’assalto. Stando a quanto rivelato da un ufficiale dei ribelli al Guardian, i militari europei hanno assunto un ruolo guida non solo nel facilitare i raid aerei, indicando i siti da bombardare, ma anche nella pianificazione dell’offensiva che ha permesso agli insorti di porre fine all’assedio di Misurata, così come dell’assalto a Zlitan e a Tripoli.

AL-MEGRAHI CON IL COLONNELLO.La caccia, a Gheddafi dunque, va avanti. Col Colonnello pare sia fuggito, stando ad alcuni testimoni citati dal Telegraph, anche Abdelbaset Ali al-Megrahi, più noto come l’attentantore di Lockerbie, l’uomo condannato per aver piazzato una bomba su un volo Pan-Am nel dicembre del 1988 uccidendo 270 persone. Al-Megrahi, liberato da un carcere scozzese, è rientrato in patria due anni fa e il regime lo ha sistemato in una villa nella capitale che oggi appare deserta, con il cancello chiuso, priva del personale di sicurezza che la sorvegliava

TRIPOLI, VENERDI’ DI SILENZIO.Venerdì mattina Tripoli si è risvegliata nel silenzio, come ha scritto in un messaggio su Twitter l’inviato della Bbc Paul Danahar. Nel primissimo pomeriggio però i lealisti hanno bombardato l’aeroporto della capitale, dove uno dei velivoli in sosta sulla pista è stato colpito riportando gravi danni: lo ha riferito al-Arabiya, emittente satellitare di Dubai, secondo cui c’è stata anche una violenta sparatoria tra ribelli e governativi nei pressi dello scalo. Pdo Giovedì gli insorti avevano circondato Abu Salim, ritenendo che lì si nascondesse il Colonnello. E dopo ore di combattimenti, i ribelli libici sono riusciti a conquistare il quartiere della capitale. I ribelli, dal canto loro, hanno confermato di aver trasferito il loro comitato esecutivo, che ha funzioni di governo, da Bengasi a Tripoli, come annunciato a sorpresa giovedì dal premier Mahmud Jibril durante la conferenza stampa con Silvio Berlusconi.

I CONTATTI CON GLI USA.Dai documenti in possesso del Guardian emerge anche in queste ore che il regime di Gheddafi ha condotto nelle passate settimane una straordinaria azione di lobby negli Stati Uniti per fermare i bombardamenti Nato in Libia, scrivendo allo stesso presidente Barack Obama, nella convinzione che l’Alleanza atlantica fosse pronta a lanciare un’invasione su vasta scala “a fine settembre o a ottobre”.

SBLOCCO DEI BENI LIBICI.Intanto, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha accettato di sbloccare beni libici per 1,5 miliardo di dollari, per garantire aiuti di emergenza e sostenere la ricostruzione. Stando a quanto riferito da fonti diplomatiche, la decisione è arrivata dopo l’accordo raggiunto dagli Stati Uniti con il Sudafrica, che da due settimane si opponeva a questa misura.

FRATTINI: “MAI TEMUTO IL PEGGIO PERI GIORNALISTI”.Sul rapimento dei quattro giornalisti italiani liberati giovedì a Tripoli è tornato il ministro degli Esteri Franco Frattini. “Non s’ è mai temuto il peggio per la loro sorte”, ha spiegato il titolare della Farnesina a Radio anch’io in onda su Radio1 Rai. “Ci sono prove – ha voluto aggiungere il ministro – che dimostrano che Gheddafi voleva che esplodesse la situazione dell’immigrazione verso Lampedusa”. Frattini ha poi confermato la posizione del governo italiano su un futuro processo a Gheddafi. Per il ministro sarebbe meglio che il leader libico, insieme al figlio Saif al-Islam e al capo dei servizi segreti Abdullah al-Senussi, fosse giudicato dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, perché ciò “darebbe la possibilità di chiamarlo a rispondere di crimini contro l’umanità”, cioè di “delitti enormemente più gravi di quelli per cui potrebbe essere processato in Libia”, come invece intendono fare i ribelli del Consiglio Nazionale Transitorio. Frattini, infine, ha voluto precisare che non c’è una gara di stampo coloniale fra Italia e Francia per conquistare le ricchezze della Libia.

“LAMPEDUSA NERA”. Il raìs voleva una “Lampedusa nera” inondata di immigrati provenienti dalle coste nordafricane. Lo ha detto ai microfoni di Radio Anch’io l’ambasciatore libico a Roma Abdulhafed Gaddur, confermando quanto affermato poco prima dal ministro degli Esteri, Franco Frattini (guarda il video in fondo all’articolo). L’Italia ha le prove che il Colonnello voleva trasformare l’isola siciliana in un “inferno”, ha detto il titolare della Farnesina ribadendo che la strumentalizzazione di immigrati può configurare un “crimine contro l’umanità”. Quanto alla vicenda dei 4 giornalisti italiani rapiti e poi liberati, il ministro ha assicurato che non “abbiamo mai temuto il peggio per la loro sorte”.

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