Parmalat-Ciappazzi: chiesti 7 anni per Geronzi

di Redazione

Cesare GeronziROMA.La Procura di Parma ha chiesto la condanna a sette anni per Cesare Geronzi e a due anni e sei mesi per Matteo Arpe, in relazione al caso della vendita delle acque minerali Ciappazzi alla Parmalat, uno dei filoni di inchiesta sul crac del gruppo agroalimentare.

Per Arpe l’accusa ha previsto le attenuanti generiche che invece ha negato a Geronzi. Geronzi, all’epoca dei fatti presidente della Banca di Roma e poi di Capitalia, è imputato per concorso in bancarotta e usura aggravata, mentre l’accusa per Matteo Arpe, ex ad di Capitalia, è di concorso in bancarotta.

Questo procedimento riguarda l’acquisto da parte della Parmalat dell’azienda delle acque minerali Ciappazzi comprata dal gruppo Ciarrapico. Secondo quanto hanno sostenuto Calisto Tanzi e Fausto Tonna, ex direttore finanziario della Parmalat, il gruppo di Collecchio sarebbe stato costretto a comprare l’azienda che aveva un valore praticamente nullo da Capitalia per continuare ad avere finanziamenti da parte del gruppo romano.

Oltre a Geronzi e Arpe, il processo, che è arrivato oggi alle richieste di condanna dopo 91 udienze e l’esame di 70 tra testimoni e consulenti, vede altri sei imputati, per i quali la procura di Parma ha chiesto condanne che vanno da quattro anni a due anni e sei mesi di reclusione. In particolare, per Alberto Giordano, vice presidente della banca, Roberto Monza, direttore centrale, Riccardo Tristano, ex consigliere di Fineco Group, accusati di concorso in bancarotta e usura, le richieste sono state rispettivamente di quattro anni, tre anni e tre anni.

Per quanto riguarda, invece, Eugenio Favale, all’epoca dei fatti dirigente area Grandi clienti di Capitalia, Luigi Giove, responsabile recupero crediti di Medio Credito centrale, e Antonio Muto, dirigente area Sezione crediti, accusati di concorso in bancarotta, le richieste sono state rispettivamente di due anni e sei mesi, due anni e sei mesi e tre anni. Secondo l’ipotesi dell’accusa, gli imputati avrebbero spinto Parmalat ad acquistare un’azienda in sfacelo, allargando le perdite del gruppo di Collecchio, oltre a non aver impedito che l’operazione dissennata dal punto di vista industriale e finanziario avesse luogo. La procura di Parma, inoltre, ha chiesto per Arpe, Favale e Muto anche l’assoluzione “per la distrazione delle somme impiegate da Parmalat per l’acquisto di Ciappazzi attraverso Cosal nonchè alla bancarotta di quest’ultima”.

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