Caso Marrazzo, chiesti 8 rinvii a giudizio

di Redazione

Piero MarrazzoROMA.Rischiano di finire sul banco degli imputati otto persone indagate a vario titolo per il presunto tentativo di ricatto ai danni dell’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, sorpreso in compagnia della transessuale Natalie, e per la morte del pusher legato ad ambienti dei trans Gianguarino Cafasso.

La procura ha infatti chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di quattro carabinieri “infedeli”, della trans Natalie e di altre tre persone (ritenute pusher), atto che di norma prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio. Associazione per delinquere, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, omessa denuncia di reato, falso ideologico, calunnia, perquisizione arbitraria, rapina, violazione di domicilio, concussione, interferenza illecita nella vita privata, favoreggiamento, ricettazione, omicidio volontario premeditato aggravato dall’uso di sostanze venefiche. Questi i reati contestati, a seconda delle singole posizioni processuali, agli indagati dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli.

Quella che giunge a conclusione è una complessa vicenda scaturita dopo il blitz del 3 luglio 2009 in un monolocale in via Gradoli dove era in corso un incontro intimo tra la transessuale Natalie e Marrazzo, giornalista ma all’epoca governatore della Regione. L’incursione illecita sarebbe stata compiuta dai carabinieri, già in servizio presso la compagnia Trionfale, Nicola Testini, Luciano Simeone, Carlo Tagliente, i quali avrebbero minacciato “di gravi conseguenze” Marrazzo, costringendolo così a dargli tre assegni dell’importo complessivo di ventimila euro, nonché cinquemila euro in contanti. Ai tre militari è anche contestato di aver girato il video al centro del ricatto. Filmato che poi un quarto carabiniere, Antonio Tamburrino, avrebbe tentato di vendere a quotidiani, riviste di gossip e televisioni. Nel video i militari riprendevano anche della cocaina, sostanza fornita alla transessuale da un pusher, di cui poi gli stessi carabinieri si impossessavano senza farne regolare verbale di sequestro.

Il tentativo di ricatto costò, il 23 ottobre 2009, l’arresto ai tre esponenti dell’Arma. Il 12 settembre precedente, intanto, morì il pusher Cafasso nella camera dell’hotel Romulus sulla Salaria dove viveva. Di questo decesso è accusato Testini: secondo l’accusa “al fine di procurare a sé medesimo e ai suoi complici Simeone e Tagliente l’impunità” per i fatti del 3 luglio “cagionava la morte di Cafasso, quale conseguenza dell’assunzione di un quantitativo di sostanza stupefacente consistente in una miscela di eroina e cocaina (tale che ne risultava accentuata la potenzialità lesiva), ceduta a Cafasso dallo stesso Testini; con le ulteriori aggravanti di aver agito con premeditazione e col mezzo di sostanza venefica”. Nel corso delle successive indagini emersero poi anche altre condotte illecite, ricatti e rapine, che sarebbero state compiute dagli stessi carabinieri.

Secondo l’accusa, infatti, Testini, Tagliente e Simeone, avrebbero realizzato una vera e propria associazione a delinquere, prendendo contatti con Cafasso, “allo scopo di acquisire informazioni sull’attività di spaccio e ai clienti del giro della prostituzione dell’area Cassia-Trionfale”. In cambio di tali informazioni, al pusher sarebbe stato permesso di spacciare liberamente. Sei le rapine contestate agli stessi tre carabinieri, tutte compiute ai danni di transessuali, tranne quella relativa ai cinquemila euro sottratti a Marrazzo il giorno del blitz.

Rimane invece ancora aperta l’inchiesta sulla morte di Brenda, avvenuta il 20 novembre 2009 nel monolocale dove viveva in via Due Ponti. La transessuale riferì dell’esistenza di un altro video in cui sarebbe stato ripreso Marrazzo sempre in atteggiamenti intimi con dei viados.

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