Omicidio Oliva: l’amico egiziano scarcerato grazie ad una chat

di Redazione

Cristofaro OlivaNAPOLI. E’ cambiato il quadro indiziario a carico di quello che fino a pochi giorni fa era ritenuto uno dei principali responsabili della morte di Cristofer Oliva.

Karim Sadek non è più in carcere, il gip del Tribunale dei Minori ha firmato la revoca della detenzione per il diciottenne di origine egiziana accusato, insieme a Fabio Furlan, di omicidio premeditato e occultamento di cadavere seguito alla scomparsa del suo migliore amico Cristofer Oliva, avvenuta nel novembre 2009. In base alle ipotesi e alle indagini difensive condotte dagli avvocati Orazio De Bernardo e Sebastiano Giaquinto, Karim era al computer quando Cris è stato ucciso, il giovane risulta collegato online alle 20.36, alle 20.48 ed alle 20.59, mentre la scomparsa di Oliva è stata stimata intorno alle 21.30.

Stando sempre al contenuto del dossier difensivo, alle 21.40 il diciottenne avrebbe comunicato via internet con la fidanzata. Il tempo necessario per andare e tornare da casa di Karim a casa di Cris è di 24 minuti resterebbero soltanto 13 minuti troppo pochi per rivestire un ruolo attivo nel delitto del ragazzo che a detta degli inquirenti si sarebbe consumato a causa di gelosie adolescenziali e per la gestione di un appezzamento di canapa che i tre ragazzi rivendevano ai giovani della zona collinare della città.

Il delitto, secondo la Questura, sarebbe maturato per litigi relativi alla gestione di un’attività di coltivazione e traffico di sostanza stupefacente del tipo canapa.

Di Cristoforo non si avevano più notizie dal 17 novembre 2009, da quando lasciò la sua casa di Napoli dopo aver ricevuto la telefonata di un amico. Da allora la mamma, Fiorella Mormone, non ha mai smesso di mobilitare parenti e conoscenti nella speranza di poter ritrovare il giovane studente universitario, diciannovenne al momento della scomparsa. Secondo la ricostruzione fornita dalla madre, il ragazzo, nel pomeriggio della scomparsa, avrebbe ricevuto una telefonata da un amico che gli diceva che da lì a mezz’ora sarebbe passato a prenderlo sotto casa. “Quel giorno – aveva spiegato la signora Fiorella – non ero in casa ma sono sicura che quella telefonata sia stato un complotto per tirare Cristofaro fuori di casa e di questo sono certa perché mio figlio non aveva l’abitudine di uscire fuori dal viale nemmeno per aspettare qualcuno”. Da lì a una settimana, Cristofaro sarebbe dovuto partire per il Brasile insieme con il padre.

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