Delitto di Arce: cinque indagati a 10 anni dalla morte di Serena

di Redazione

Serena MolliconeROMA.Svolta nell’omicidio di Serena Mollicone, la studentessa di Arce, in provincia di Frosinone, uccisa il 1° giugno del 2001.

Cinque persone sono state iscritte dalla procura di Cassino nel registro degli indagati, tra cui l’ex fidanzato, Michele Fioretti, 38 anni, sua madre Rosina Parmigianoni, l’ex maresciallo della stazione carabinieri di ArceFranco Mottola, suo figlio Marco e un altro carabiniere,Francesco Suprano. Tutti saranno sottoposti al test del dna.

IL PADRE: “MIA OSTINATEZZA RIPAGATA”. Il papà di Serena, Guglielmo Mollicone, che in questi anni non si è mai arreso e che addirittura qualcuno aveva cercato di indicarlo come responsabile dell’omicidio della figlia, subito dopo aver appreso la notizia ha commentato: “La mia ostinatezza viene ripagata oggi da un’indagine scrupolosa. Cominciamo a vedere i primi importanti risultati per scoprire chi ha ucciso Serena”.

I NUOVI ELEMENTI. Le indagini si sono concentratesulla testimonianza di un carabiniere, il brigadiere Santino Tuzzi, poi morto suicida, e il ritrovamento di un’auto.Ed è questo il filo conduttore che ha portato ad essere iscritto nel registro degli indagati il marescialloMottola. Dopo il suicidio del brigadiere Tuzzi, che coinvolse nella vicenda il maresciallo Mottola, gli inquirenti trovararono l’auto con cui era stato trasportato il corpo della giovane. Si trattatava di una station wagon che apparteneva a un extracomunitario residente in provincia di Frosinone. La vettura era stata venduta allo straniero dal carabiniere. Stando alla ricostruzione di quell’epoca, Marco Mottola, figlio del maresciallo,avrebbe colpito la ragazza e, credendola morta, chiese aiuto al padre per occultarne il cadavere.

DIECI ANNI DI INDAGINI. Serenaera scomparsa quello stesso 1 giugno di dieci anni fa. Fu ritrovata uccisa dopo due giorni in un boschetto di Anitrella, nel frusinate. Venne accertato che morì per asfissia dopo essere stata imbavagliata, legata con il fil di ferro e abbandonata in un bosco. Dieci anni di indagini che hanno visto un indagato, poi uscito di scena, il suicidio di un carabiniere e soprattutto la tenacia del padre nel volere che gli inquirenti trovassero il responsabile o i responsabili di quella morte. E così, di proroga in proroga nelle indagini, oggi si è arrivati a quella che sembra una svolta. Sin dall’inizio le indagini si rivelarono subito difficili tanto che dopo un anno l’omicidio della ragazza di Arce era ancora rubricato con autori ignoti.

Da “Chi l’ha visto?”

BELLI, INDAGATO E POI ASSOLTO.

La prima svolta venne un anno dopo: il 24 settembre 2002 la procura di Cassino iscrisse nel registro degli indagati il carrozziere di Rocca d’Arce, Carmine Belli, all’epoca 38enne. A far sospettare di Belli fu un bigliettino sul quale era annotato un appuntamento con la studentessa. Però le impronte trovate sul nastro adesivo bianco utilizzato per legare mani e piedi di serena non corrispondevano alle sue, anche se lo scotch era compatibile con nastro adesivo trovato nella carrozzeria dell’uomo. Compatibili anche le buste di plastica trovate in casa di Belli con quella utilizzata per avvolgere la testa di Serena. Il carrozziere andò a giudizio davanti alla corte d’Assise di cassino il 14 gennaio 2004. Il processo durò sette mesi: nel luglio 2004 la corte d’Assise lo assolse. Il 31 gennaio 2006 la corte d’Assise d’appello confermò l’assoluzione per Belli e la Cassazione, nell’ottobre 2006, ribadì l’estraneità del carrozziere al delitto avvenuto cinque anni prima.

IL SUICIDIO DEL CARABINIERE. Le indagini ripartirono di nuovo. Ma nell’aprile 2008 ci fu il primo colpo di scena: Santino Tuzzi, di 50 anni, il brigadiere dei carabinieri ascoltato come persona informata dei fatti sulla morte di Serena si suicidò, sparandosi al petto con la beretta d’ordinanza. Un suicidio che ha sempre destato sospetti, soprattutto da parte della figlia del carabiniere: “Penso che mio padre durante le indagini ha assistito a qualcosa, ha saputo qualcosa, e gli è stato detto di non rivelare niente. Mio padre non è riuscito a tenersi tutto dentro, e ha deciso forse di chiudere la sua vita in questo modo”. Un suicidio che però ha dato un nuovo impulso alla indagini perché come ha sempre detto il padre della vittima Guglielmo Mollicone “questo omicidio non poteva essere archiviato”.

LE LETTERE A “CHI L’HA VISTO?” e “LA PROVINCIA”. A 8 anni di distanza dall’assassinio di Serena, il 1 luglio 2009, spuntava un nuovo testimone. Una lettera con due fotografie veniva recapitata alla redazione della trasmissione televisiva di RaiTre ‘Chi l’ha visto?’. Nella missiva, rigorosamente anonima, una persona in due pagine scritte a mano riferiva alcuni momenti salienti che precedevano la scomparsa della 18enne.

Altre due lettere anonime recapitate al quotidiano “La Provincia” avevano fatto riaprire il caso dell’omicidio In perfetto italiano ed evidenziando una conoscenza quasi perfetta delle tecniche investigative, lo sconosciuto scrittore, descriveva una presunta scena del crimine. “Gentile Nicoletti e gentile Procuratore Mercone, sono la persona che a suo tempo mando’ gli sms alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ sul caso di Serena Mollicone. Colgo l’occasione per dire che non appartengo alle forze del ordine. Preciso anche che a parte gli sms non ho inviato lettere anonime, quindi se c’è qualche ‘corvo’ non sono io. Non mi spinge ne il desiderio di apparire ne l’essere mitomane, ho solo fatto una personale ‘contro-inchiesta’. Siè sempre ritenuto che Serena sia stata uccisa quasi senza volerlo, un colpo alla testa ricevuto durante una discussione. Mi permetto di dire che non sono d’accordo: a mio avviso Serena è stata legata quando era ancora viva e tenuta ferma per molte ore fino alla tarda serata del 01 giugno 2001. L’esame autoptico sostiene che la ragazza non può essere stata immobilizzata dopo morta, ma ci sono evidenze oggettive che mi lasciano perplesso: dalle foto scattate durante lo svolgimento dell’esame esterno del corpo non si può escludere che sia stata legata da viva, e nulla dimostra il taglio senza sangue visto che nonè collegabile dal punto di vista cronologico e non dimentichiamo che l’azione emostatica delle legature ha modificato la dinamica del irrorazione di sangue delle zone soggette a legatura. Come si spiega la legatura ai polsi? Non sono legati solo i polsi, la legatura arriva fino a metà della mano quasi ad impedire a Serena di far leva sulle mani. Come spiegare le legature con il fil di ferro? Serena potrebbe essersi liberata una prima volta dalla legatura fatta solo di nastro adesivo, forse sfregando sul cemento e per non correre rischi l’assassino ha rinforzato le legature con il fil di ferro. Prova di un tentativo di fuga può essere la foglia sotto il calzino destro. Serena ha le caviglie libere e, facendo leva con i piedi, riesce a muoversi, non e’ un caso che la foglia sia sotto il calzino destro. Serena usa il piede destro, il suo lato forte, per fare leva e nel far cio’ perde la scarpa. Non dimentichiamo che Serena faceva nuoto e aveva forza nelle gambe e nelle braccia. Si alza e prova a scappare ma viene fermata e la legatura rinforzata. Tutto ciò potrebbe essere accaduto nel ex carcere di Arce e penso questo perché sia il corpo e sia la testa di Serena sono bagnati. Serenaè stata sotto la pioggia ma non a Fontecupa, se cosi fosse stato che senso avrebbe avuto metterle la busta sulla testa? Quindi il luogo doveè stata tenuta legataè un luogo dove pioveva ma con un pavimento lo dimostra l’assenza di erba e altro sul nastro adesivo. Inoltre se l’assassino temeva che Serena potesse rompere il nastro adesivo con lo sfregamentoè ovvio che ci dovesse essere una superficie sulla quale sfregare, tipo cemento. L’assassino temeva che dagli accertamenti autoptici potesse emergere che Serena era stata legata, viva e vegeta, per molte ore. L’assassino non voleva si cercasse il luogo dove Serena poteva essere stata nascostaè dove poiè stata colpita quando impossibile a fuggire era stesa a terra. La mia ipotesi si regge su alcuni particolari emersi dopo l’esame autoptico: sui vestiti di Serena non c’é sangue. Inoltre il colpoè stato dato dall’alto verso il basso quando Serena era stesa a terra. Per questo motivo non c’è traccia di sangue sugli abiti. L’assassino potrebbe aver tenuto legata Serena per ore in attesa di decidere cosa fare. Prima viene stordita con un colpo secco e poi viene soffocata mediante occlusione delle vie respiratorie. L’assassino ha scelto questo perché gli permette di evitare il principio di Locard. In secondo luogo questa tecnica renderà difficile stabilire l’ora della morte. Questo gli consente di avere un alibi perfetto”.

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