Blitz contro Casalesi: arrestati 11 fiancheggiatori: c’e’ anche soldatessa

di Redazione

Michele ZagariaCASERTA. 11 arresti eseguiti la scorsa notte, tra Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna, dai carabinieri del reparto territoriale di Aversa nei confronti di fiancheggiatori del superlatitante Michele Zagaria.

I militari, agli ordini del colonnello Francesco Marra, del capitano Domenico Forte e del tenente Giuseppe Fedele, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno effettuato anche numerose perquisizioni nelle abitazioni di alcuni insospettabili. L’obiettivo dell’operazione è contrastare la fiorente rete di protezione e appoggi logistici ai latitanti del clan, in particolare alla “primula rossa” Michele Zagaria.

GLI ARRESTATI. Gli arrestati sono: Armando Casanova, 30 anni, di Trentola Ducenta; Antonio Di Caterino, 33 anni, Raffaele Fabozzi, 41 anni, Alessandro Rucco, 27 anni, tutti di Aversa; Antonio Maisto, 49 anni, nato a Napoli; Francesca Maisto, 29 anni, nata a Napoli; Massimo E. Mazzitelli, 36 anni, nato a San Sebastiano al Vesuvio (Napoli); Antonio Oliva, 74 anni, nato a Lusciano; Emanuele Russo, 24 anni, nato a Napoli; Laura Titta, 25 anni, nata a Napoli; Giorgio Ventre, 58 anni, nato a Lusciano.

LA SOLDATESSA. In manette anche due donne accusate di aver favorito la latitanza di Di Caterino, alias “Emiliotto”, attualmente collaboratore di giustizia. Di queste una soldatessa 25enne, Laura Titta,con l’accusa di favoreggiamento nei confronti del boss Giuseppe Setola e del suo gruppo, a cui Di Caterino apparteneva. La soldatessa è stata arrestata nella caserma di Ascoli Piceno, sede del 235 Reggimento Piceno, dove prestava servizio da dieci giorni. La stessa caserma dove Salvatore Parolisi, il marito di Melania Rea, la 29enne napoletana trovata morta in un bosco fra i teramano e l’ascolano,era in servizio come istruttore. Considerata un’insospettabile, la Titta avrebbe avuto un ruolo importante nella logistica del clan prestandosi, secondo l’accusa, a fare da autista nello spostamento dei latitanti e a consegnare loro i pasti. “Quando ero latitante, i vestiti venivano lavati e stirati direttamente da Francesca Maisto e da Laura Titta. In una sola occasione, nel passaggio da Trentola a Lusciano, mi vennero recapitati dei vestiti puliti lasciati presso un bar e ritirati sempre dalla Maisto e dalla Titta”, afferma il boss Di Caterino che descrive le cure che la soldatessa e la sua amica avevano per lui durante la latitanza. “Tornando alla Laura, sono stato anche a casa sua a Parete, per risolvere su sua richiesta un problema alla madre. Costei, che conviveva con un signore di Marano da 18 anni, lo aveva lasciato. Costui, però, non accettava questa situazione e la minacciava telefonicamente”.

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L’INDAGINE.

Le indagini, avviate nel mese di maggio 2008, sono state condotte dai carabinieri della stazione di Parete ed erano inizialmente dirette alla cattura di Di Caterino, destinatario di tre ordinanze di custodia cautelare in carcere. In particolare, l’attività investigativa, che ha consentito di arrestare il ricercato il 16 ottobre 2008 a Terni, ha contestualmente permesso di ricostruire interamente la rete dei fiancheggiatori ed i singoli ruoli operativi e logistici che gli arrestati hanno assunto in quel periodo, per proteggere l’allora latitante, consentirgli di eludere le indagini delle forze di polizia e garantirgli, consapevolmente, la prosecuzione della propria attività delinquenziale. Nell’ultimo periodo, Di Caterino aveva militato in posizione di rilievo alle dirette dipendenza gerarchico-funzionali del capoclan Setola. Di Caterino, come altri indagati nello stesso procedimento penale, poi divenuti collaboratori di giustizia, ha autonomamente fornito, dopo la collaborazione, essenziali riscontri, rafforzando il quadro probatorio emerso dalle indagini nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento cautelare. Degli undici arrestati, dieci erano liberi mentre ad un uno l’ordinanza è stata notificata in carcere.

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