Corte dei Conti: “Serve manovra di correzione”

di Redazione

Giulio TremontiROMA.Perdite per 160 miliardi di euro. Tanto ci sarà costata al 2013 la Grande Recessione secondo la Corte dei Conti che nel Rapporto 2011 per il Coordinamento della finanza pubblica indica “una perdita permanente di Prodotto, calcolata a fine 2010 in 140 miliardi e prevista crescere a 160 miliardi nel 2013”.

L’Italia, dicono i giudici, potrebbe aver bisogno di un forte aggiustamento dei conti, una maxi manovra da 46 miliardi di euro. Per rispettare i vincoli europei l’Italia dovrebbe varare una manovra di correzione dei conti pubblici paragonabile a quella da 46 miliardi di euro realizzata nel 1992, ha detto Luigi Mazzillo, presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei conti, introducendo nella sala Zuccari del Senato il Rapporto 2011. Il ministero dell’Economia ha delineato nel Documento di economia e finanza (Def) il percorso di risanamento per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014. Alle manovre già varate nel 2008 e nel 2010, il Def aggiunge una nuova correzione da 2,3 punti di Pil tra 2013 e 2014.

Secondo Bankitalia il programma del Def è in linea con il nuovo criterio europeo del debito. Il magistrato ha aggiunto che “le simulazioni presentate nel Rapporto segnalano come, con l’ipotizzata continuazione di tassi di crescita molto modesti, il rispetto dei nuovi vincoli europei richieda un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni novanta, per l’ingresso nella moneta unica”. Secondo Mazzillo “a differenza di allora però, gli elevati valori di saldo primario andrebbero conservati nel lungo periodo, rendendo permanente l’aggiustamento sui livelli della spesa, oltre che impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale, con la conseguente obbligata rinuncia ad esercitare per questa via un’azione di stimolo sull’economia”. La Corte dei conti valuta dunque che per l’Italia la correzione del debito in base ai nuovi vincoli europei sarà pari “a circa 46 miliardi” all’anno come la manovra da 93.000 miliardi di vecchie lire varata nel 1992 da Giuliano Amato per arginare il deficit pubblico.

SERVONO SFORZI MAGGIORI.“La fine della recessione economica non comporta il ritorno a una gestione ordinaria del bilancio pubblico, richiedendosi piuttosto sforzi anche maggiori di quelli finora accettati”. “Tanto più – spiega la Corte dei Conti – che va tenuto conto delle implicazioni dell’inasprimento dei vincoli europei e in particolare della nuova regola, assistita da apposita sanzione di tipo praticamente automatico, secondo la quale i paesi che registrano un rapporto tra debito pubblico e prodotto superiore al 60% dovranno ridurre lo scarto fra il dato effettivo e questo valore-soglia di un ventesimo all’anno (del 3% all’anno, pari oggi a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia)”.

MA IL TAGLIO DELLE TASSE E’ “IMPRATICABILE”.Per rispettare i vincoli Ue l’Italia dovrà seguire un “percorso impervio” che rende “impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale”, sostiene la Corte che comunque sottolinea “l’esigenza di accelerare e completare il percorso di ricognizione, riflessione e proposta di recente avviato dal governo in vista di una riforma complessiva del sistema impositivo che tenga conto anche dei condizionamenti così come delle opportunità legati all’attuazione del federalismo fiscale. È in tale quadro – si legge – che si potranno concretamente verificare anche gli spazii di manovra per un incisivo processo di ridimensionamento di esenzioni e agevolazioni, finalizzato all’ampliamento delle basi imponibili”.

EVASIONE, SIAMO IN TESTA.L’Italia è ai primi posti in Europa per l’evasione fiscale., ricorda poi la magistratura contabile. “Per quanto riguarda le dimension le stime richiamate convergono tutte nell’indicare come il fenomeno evasivo raggiunga in Italia un livello di punta nel panorama europeo, con l’eccezione della Grecia e della Spagna”. “Va segnalato che gli indicatori utilizzati evidenziano un aumento di compliance a partire dal quarto trimestre del 2009, dopo un riacutizzarsi del fenomeno evasivo negli anni della crisi”.

TREMONTI.Non si fa attendere la replica del ministro dell’Economia Giulio Tremonti agli appunti dei giudici contabili. “Primum vivere deinde crescere” chiosa in latino Tremonti. Forse la crescita non è sufficiente, – sottolinea il responsabile del Tesoro – ma senza la tenuta di bilancio non ci sarebbe stata neanche questa insufficiente crescita”. Il ministro spiega però che ora è il momento delle riforme per il quale tuttavia non esiste “una formula istantanea e salvifica”. Alla base dell’azione di governo c’è piuttosto la formula ereditata da Cavour che è quella di “camminare sulla via del progresso con energica moderazione evitando gli eccessi degli agitati e le secche dei retrogradi”. Il ministro ricorda in tal senso tutte le misure contenute nel decreto sviluppo varato di recente e afferma: “Il ciclo delle riforme è appena iniziato e deve continuare. Tutto è aperto a formule costruttive ma considerando il giusto mezzo e l’energica moderazione”. Oltretutto “non si può immaginare che tutto avvenga in un attimo”. Tremonti poi interviene anche sull’allarme lanciato dall’Istat relativo al rischio povertà per un quarto degli italiani. “Considero discutibile questa rappresentazione”. Poi chiede alla platea: “alzino la mano quanti di voi sono poveri”. Tremonti non nega che ci siano situazioni di difficoltà nel Paese, ma complessivamente “la ricchezza in Italia non è scesa in questo decennio, ma anzi è salita. Questo risulta dalle statistiche ufficiali”.

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