L’area Texas non diventi uno spauracchio elettorale

di Nicola Rosselli

l'area ex TexasAVERSA. Capisco bene che Giuseppe Stabile, affossatore del centrosinistra aversano con la complicità del centrodestra in quelle sciagurate primarie del novembre 2006, voglia e debba, in vista delle elezioni amministrative della prossima primavera, cercare visibilità.

Ma, a mio umile avviso, ha sbagliato bersaglio. Non può cavalcare la storia della Texas distorcendo la verità e, offendendo, di conseguenza, l’intelligenza (o quel poco che ne rimane) degli aversani. Premesso che non intendo assolutamente essere l’avvocato difensore dell’assessore Giuseppe Mattiello, da me politicamente lontano anni luce, ma non si può mistificare la realtà affermando che l’esponente autonomista ha sottoscritto un documento nel quale in sostanza si accetta la realizzazione di abitazioni nell’area ex Texas. Quel documento andava sottoscritto e basta.

La Regione Campania e la famiglia Cesaro (proprietaria del bene in questione) hanno avviato un preciso iter amministrativo che prevede, così com’era già avvenuto con il famoso questionario inviato al comune, che il Consiglio comunale (o la giunta) si pronunci sul progetto di housing sociale. E questo Stabile lo sa bene, perché persona accorta e diligente. Né voglio credere nella sua malafede, assolutamente. La verità è che quel progetto non potrà non passare all’esame degli organismi istituzionali comunali. Se così non fosse si aprirebbe per i Cesaro l’autostrada della giustizia amministrativa. Basterebbe un ricorso al Tar sul silenzio del Comune per ottenere in via giudiziaria, quello che da anni non riescono ad ottenere.

Stabile e tutta la politica aversana non perdano tempo in chiacchiere, non facciano melina, se veramente hanno a cuore il futuro di quell’area. Si inizi a parlare di progettualità reale e non siderale. Si facciano sedere i Cesaro intorno ad un tavolo e si cerchi una soluzione che possa soddisfare i loro interessi e, nello stesso tempo, quelli di sviluppo della nostra città che somiglia sempre più a un grosso “paesone”. Ma, soprattutto, facciamo in modo che la Texas non diventi uno spauracchio elettorale.

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