Diana: “Mio figlio indotto a raggiungere il luogo dell’aggressione”

di Nicola Rosselli

Lorenzo DianaAVERSA. “Da come si sono svolti i fatti siamo portati ad ipotizzare che mio figlio sia stato indotto a raggiungere il posto dove, i due sconosciuti lo attendevano. Chi lo ha portato in via Giotto potrebbe essere complice dei due energumeni che lo hanno assalito”.

L’ex parlamentare Lorenzo Diana, da tempo sotto scorta per la sua attività anticamorra, originario di San Cipriano di Aversa, per molti anni segretario della commissione parlamentare antimafia, dapprima militante comunista del Pci fino alla trasformazione ultima in Partito Democratico, dal 2010 tra i dirigenti regionali dell’Italia dei Valori, il giorno dopo l’aggressione al figlio Gennaro, 32 anni, a sua volta vice segretario provinciale e commissario cittadino ad Aversa dei dipietristi, cerca di trovare una spiegazione all’atto di violenza che ha costretto il giovane a fare ricorso alle cure dei sanitari del pronto soccorso dell’ospedale “San Giuseppe Moscati”, soprattutto per un ematoma alla testa. Per sua fortuna, i medici del nosocomio aversano hanno riscontrato solo ecchimosi con una prognosi di cinque giorni.

L’ex senatore sottolinea anche il “mistero del cellulare”.Pare, infatti, che, in un primo tempo, l’assalitore di Gennaro Diana si sia impossessato anche del suo telefonino. Successivamente, il cellulare è stato rinvenuto da alcuni passanti in via Giotto, ma mancava la scheda sim. “Un particolare – ha dichiarato l’esponente dipietrista – che mi lascia perplesso. Perché si sono impossessati di una scheda che è stata già bloccata e non capiamo a cosa possa servire?”. Diana evidenza, in chiusura, anche le minacce che i due aggressori avrebbero proferito contro il figlio nel corso della violenza, rivolte non solo a quest’ultimo ma anche all’ex parlamentare.“Un particolare – ha concluso – per il quale devo ancora trovare la giusta collocazione. Faremo di tutto per risalire ai due aggressori”.

Intanto, sul piano delle indagini, i carabinieri del reparto territoriale di Aversa, la cui caserma dista pochissime centinaia di metri dal luogo dell’aggressione, minimizzano l’episodio, non prima di aver sottolineato che fino alla tarda mattinata di ieri non c’era nemmeno una denunzia ufficiale su quanto avvenuto in via Giotto. I militari aversani, coordinati dal colonnello Francesco Marra e dal capitano Domenico Forte, si sono attivati autonomamente attingendo notizie presso il pronto soccorso del “Moscati” e ascoltando anche, in maniera informale, alcuni dei testimoni presenti all’aggressione di mercoledì pomeriggio. Ed in questo senso sarebbero portati a privilegiare il movente sentimentale. La pista sarebbe, infatti, considerata verosimile, soprattutto perché alcuni dei presenti avrebbero sentito distintamente parlare di ‘fidanzata presa’. Al momento, comunque, nessuna ipotesi è esclusa.

Secondo la ricostruzione dell’episodio, mercoledì pomeriggio, intorno alle 16.30, Gennaro Diana era seduto nei pressi di un bar in via Giotto ad Aversa in compagnia di una donna. Ad un tratto, come la stessa vittima ha riferito, due giovani, a volto scoperto, si sono avvicinati e lo hanno, in un primo tempo, minacciato deridendolo in dialetto partenopeo. Successivamente, uno di essi lo ha strattonato e malmenato portandolo di peso in un vicino bar dove gli ha assestato altri pugni, provocando anche lievi danni al locale, si è impadronito del telefonino (successivamente rinvenuto da passanti smontato e senza scheda sim) e gli ha lanciato contro minacce rivolte sia a lui che al padre. Inutili le grida delle numerose persone presenti che non hanno fatto desistere l’aggressore che si è dileguato con il complice qualche minuto prima che sul posto giungesse una pattuglia dei carabinieri della vicina caserma di Aversa.

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