Ucciso il volontario italiano rapito a Gaza

di Redazione

Vittorio ArrigoniGAZA. Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, il 36enne attivista italiano filopalestinese, rapito giovedì mattina nella Striscia da un commando ultra-estremista salafita vicino pare ad Al Qaeda, è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di Hamas, al termine di un blitz condotto nel cuore della notte.

I rapitori non hanno dunque rispettato la scadenza dell’ultimatum, soffocandolo, a quanto sembra, diverse ore prima. Eppure, erano stati gli stessi sequestratori a fissare per le 16 di venerdì il rilascio dei loro “confratelli” detenuti, pena l’uccisione dell’ostaggio. La polizia di Gaza ha reso noto di aver arrestato due persone e di essere sulle traccia di una terza. Malgrado la triste notizia arrivata da Gaza sono confermati i due appuntamenti a Roma e Milano alle 16 per Arrigoni: convocati per chiedere la liberazione del cooperante italiano, i raduni sono stati confermati per ricordare il pacifista e gli obiettivi per cui si batteva.

LA CONDANNA DELLA FARNESINA. Attraverso il proprio Consolato Generale a Gerusalemme, la Farnesina ha confermato il decesso del cooperante italiano che viveva a Gaza da tre anni: Il corpo di Arrigoni è stato riconosciuto nell’obitorio dello Shifa Hospital. Tramite una nota, nel quale esprime “il forte sgomento per il barbaro assassinio” e “il più sincero cordoglio alla famiglia” del connazionale ucciso, il ministero degli Esteri ha anche “condannato nei termini più fermi il vile e irragionevole gesto di violenza da parte di estremisti indifferenti al valore della vita umana, compiuto ai danni di una persona innocente che si trovava da tempo” nella Striscia di Gaza, “per seguire da vicino e raccontare con forte impegno personale la situazione dei palestinesi” nell’enclave.

L’INTENZIONE ERA DI UCCIDERLO. Secondo la versione di Yiab Hussein, portavoce del governo di fatto di Hamas a Gaza, l’italiano sarebbe stato soffocato già prima del blitz. Anzi, “qualche ora prima”. “Fin dall’inizio l’intenzione dei rapitori era di uccidere la loro vittima, dal momento che l’omicidio è avvenuto dopo un breve lasso di tempo dalla sua cattura” ha spiegato Hussein. Le ricerche – affiancate dai primi tentativi della Farnesina di stabilire un qualche contatto diplomatico umanitario che non c’è stato nemmeno il tempo d’intrecciare – erano scattate nel pomeriggio di giovedì, dopo la diffusione d’un video sul sequestro: rivendicato da una sigla poco nota della galassia salafita di Gaza che si ispira alle parole d’ordine di Al Qaeda, la Brigata Mohammed Bin Moslama. Dietro l’assassinio di Arrigoni c’è, secondo Ribhi Rantisi, un altro esponente di Hamas a Gaza, anche l’intento di scoraggiare nuove flottiglie di attivisti stranieri verso la Striscia.

IL VIDEO SU YOUTUBE. Nel video il volontario italiano appariva bendato e col volto insanguinato, mentre scorreva una scritta in arabo in sovraimpressione in arabo che lo accusava di propagare i vizi dell’Occidente fra i palestinesi e che imputava all’Italia di combattere contro i Paesi musulmani e ingiungeva a Hamas di liberare i salafiti detenuti nella Striscia entro 30 ore (le 16 italiane di venerdì, appunto). Poi, nella notte, è arrivata la svolta. Secondo Hussein, le indagini hanno portato all’arresto d’un primo militante salafita, il quale ha condotto gli uomini di Hamas fino al covo: un appartamento nel rione Qarame, a Gaza City, che i miliziani delle Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas) hanno espugnato nel giro di pochi minuti, dopo una breve sparatoria conclusa con la cattura di un secondo salafita. Per Arrigoni, però, ormai non c’era più nulla da fare, ha detto il portavoce.

HAMAS.Hussein ha espresso la volontà di Hamas di “stroncare ora tutti i componenti del gruppo” dei rapitori e ha condannato l’uccisione di Arrigoni – indicato come “un amico del popolo palestinese” – definendola “un crimine atroce contro i nostri valori”. Egli ha aggiunto che “ci sono forze che vogliono destabilizzare la Striscia di Gaza, dopo anni di stabilità e sicurezza”. E ha inoltre ipotizzato che gli ultraintegralisti – protagonisti negli ultimi due anni di veri e propri tentativi di sollevazione contro Hamas, come quello represso nel sangue nel 2009 nella moschea-bunker di Rafah – abbiano sequestrato Arrigoni non solo per cercare di ottenere il rilascio dei loro compagni arrestati, ma anche perché ideologicamente ostili alla presenza di stranieri e “infedeli”.

UN ATTIVISTA NOTO A GAZA. Arrigoni era stato il primo straniero a essere rapito a Gaza dopo il giornalista britannico della Bbc Alan Johnston, catturato circa quattro anni fa da un altro gruppo locale simpatizzante di Al Qaeda, l’Esercito dell’Islam, e liberato dopo 114 giorni di prigionia e lunghe trattative sotterranee. L’attivista italiano erano molto noto a Gaza dove lavorava a da tempo per conto dell’International Solidarity Movement, una Ong votata alla causa palestinese. Aveva partecipato in passato fra l’altro alla missione di una delle prime flottiglie salpate per sfidare il blocco marittimo imposto da Israele all’enclave dopo la presa del potere di Hamas nel 2007 seguita all’estromissione violenta dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente moderato Abu Mazen.

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