Strage di Castel Volturno, 4 ergastoli per il gruppo Setola

di Redazione

Giuseppe SetolaCASERTA. Quattro ergastoli e una condanna a 23 anni. E’ la sentenza del processo per la strage di Castel Volturno del 18 settembre 2008, che vedeva imputato il gruppo di fuoco del clan dei Casalesi, guidato da Giuseppe Setola.

Per l’omicidio di un italiano (Antonio Celiento, titolare di una sala giochi) e di sei immigrati africani (Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia), compiuto in località Baia Verde, il 18 settembre 2008, inflitta la pena dell’ergastolo a Setola e ai suoi sodali Alessandro Cirillo, Davide Granato e Giovanni Letizia, oltre a 23 anni perAntonio Alluce. Oltre al reato di strage è stato contestato anche l’aggravante del razzismo. Durante il dibattimento è emerso che le vittime africane non erano legate alla camorra locale né alla “mafia nigeriana”.

La sentenza è giunta alle 21.30 di giovedì sera, dopo ben sei ore di camera di consiglio, che dalle 15.30 ha visto riunitii giudici della prima sezione penale della corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere,presieduta da Elvira Capecelatro, giudice a latere Nanda D’Amore.

Riconosciuti i risarcimenti alle parti civili: a Joseph Abob, unico superstite e testimone chiave della strage degli immigrati, all’associazione ‘Mo’ basta’, ai Comuni di Castelvolturno e di Casal di Principe, al centro sociale ex canapificio di Caserta. In aula, presenti alla lettura del dispositivo, c’erano i parenti delle vittime, assistiti dai volontari dei centri sociali. I pm presenti erano Alessandro Milita, Cesare Sirignano accompagnati dal coordinatore della Dda, Federico Cafiero De Raho. Davanti al tribunale si sono radunati gli appartenenti alla comunità africana del casertano, che hanno esultato alla notizia.

In mattinata, nella sua arringa finale, l’avvocato difensore di Setola, Pasquale Maria Lepre, aveva detto che “ci vuole coraggio per assolvere Setola, perché il giorno dopo potrebbero uscire articoli sul giornale come questo!”, esibendo copia di un quotidiano locale che sulla decisione di magistrati di non considerare la moglie del boss Francesco Schiavone pericolosa, titolava “Bufera sul giudice”. Lepre aveva poi puntato l’attenzione sulla circostanza – confermata, stando al legale, anche dal pentito Oreste Spagnuolo – che Setola si trovava in Calabria nel periodo in cui era stata commessa la tentata strage.

Prima dell’arringa, tutti gli imputati avevano voluto rilasciare dichiarazioni spontanee. Anche mercoledì, in occasione del processo sulle estorsioni commesse dal gruppo dei Casalesi davanti al collegio presieduto da Raffaello Magi, Setola era intervenuto sulla sua condizione di salute. “Voglio essere curato, – ha detto – chiedo al pm Catello Maresca che non mi mandi più il medico dell’altra volta perché non è un oculista. Voglio sapere prima quando ci sarà la visita”.

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