Processo Thyssenkrupp, inflitte dure condanne

di Redazione

I sette operai morti nell'incendio delle acciaierie ThyssenkrupTORINO. La Corte d’Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario l’amministratore delegato della Thyssen Krupp Harald Espenhahn.

Dopo 94 udienze oggi per i familiari dei sette operai morti la notte del sei dicembre 2007 a causa di un incendio sulla linea cinque delle acciaierie Thyssenkrupp di Torino è stato il giorno della giustizia.

Al banco degli imputati, oltre all’ad Espenhahn, 45 anni di Essen, condannato per omicidio, c’erano anche Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento torinese, Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell’azienda, assieme a Marco Pucci, e Daniele Moroni, accusati di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) e omissione delle cautele antinfortunistiche. Per Priegnitz, Pucci, Salerno e Cafueri, confermate le richieste dell’accusa: sono stati condannati a 13 anni e 6 mesi. Solo per Moroni la Corte ha aumentato la pena a 10 anni e 10 mesi, i pm avevano chiesto 9 anni. È la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati sono stati condannati a pene così alte. Per la multinazionale, l’accusa aveva chiesto anche il pagamento di una sanzione di 1,5 milioni di euro, l’esclusione da agevolazioni e sussidi per un anno, la revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare i propri beni per un anno e la pubblicazione della sentenza sui maggiori quotidiani internazionali.

Ed è anche stata la prima volta in cui a costituirsi parte civile è stato un numero così alto di lavoratori, 48, alcuni ricollocati in altre aziende o enti, altri in cerca di lavoro. Anche Comune e Provincia di Torino, Regione Piemonte, Cgil e gli altri sindacati e varie associazioni come Medicina democratica si sono costituite parte civile.

A tre anni dalla strage in cui hanno perso la vita Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone, una sentenza della magistratura italiana ha stabilito che Espenhahn, come sosteneva l’accusa, aveva deciso di posticipare i lavori per la messa in sicurezza dello stabilimento di Torino a una data successiva a quella della prevista chiusura e del trasferimento a Terni. E aveva deciso quindi, in modo consapevole, di tralasciare i gravi rischi a cui avrebbe sottoposto i lavoratori.

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