Camorra, beni per 10 milioni “pignorati” al boss Michele Zagaria

di Redazione

Michele ZagariaCASERTA. La Guardia di Finanza ha provveduto al sequestro conservativo di beni del valore di 10 milioni di euro riconducibili al superlatitante del clan dei Casalesi Michele Zagaria.

Il provvedimento, emesso dal gip di Napoli, su richiesa della Dda partenopea, ed eseguito dal Gico e dallo Scico di Roma, riguarda beni mobili, immobili e disponibilità economiche e finanziarie. Sono in tutto 15 le persone destinatarie di questo provvedimento di sequestro, tra cui Carmine, fratello del latitante, e Nicola, padre di Michele, nonché due imprenditori considerati dagli inquirenti storici riferimenti del clan.

“Il provvedimento si inserisce – si legge in una nota firmata dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho – in una scelta della Procura utile a garantire il pagamento delle spese giudiziarie da parte di persone condannate per reati gravi che, molto spesso, sottraggono risorse preziose allo Stato”. Nel caso specifico del gruppo Zagaria è stato calcolato che le spese sostenute dalla giustizia ammontano a circa 1 milione e mezzo di euro. Il denaro ‘investito’ dallo Stato riguarda, in particolare, intercettazioni telefoniche e ambientali, la custodia cautelare e la celebrazione dei processi nel corso dei quali vengono spesso utilizzate le videoconferenze.

“In larga parte – precisa de Raho – sono spese che diventano estremamente elevate proprio perché gli appartenenti alle organizzazioni criminali utilizzano strumenti sempre più sofisticati, anche dal punto di vista tecnologico, per sfuggire alle indagini della magistratura ingaggiando una vera ‘sfida tecnologica’ provocando un’impennata dei costi per l’istruzione e la celebrazione dei procedimenti giudiziari”.A tal proposito la legge prevede la possibilità di richiedere al giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, un vincolo conservativo sui beni di chi è stato rinviato a giudizio. Una sorta, dunque, di pignoramento a garanzia del credito dello Stato per le cosiddette spese di giustizia. Si consente, in questo modo, allo Stato di recuperare i costi sostenuti per le indagini e il processo.

“Il provvedimento – spiega de Raho – si iscrive nella logica di rendere finanziariamente autosufficienti i procedimenti per reati di criminalità organizzata i cui costi sono divenuti insostenibili e di fornire al ministero della Giustizia una procedura agevolata per riscuotere, rapidamente e con efficacia, le spese al pagamento delle quali tutti i condannati sono tenuti”.

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