Zinzi querela Brancaccio…che si “imbavaglia”

di Redazione

Angelo BrancaccioCASERTA. “Un grave atto intimidatorio con il quale ‘don Mimì da Puzzaniello’, per il tramite del suo superdirettore da 240mila euro all’anno più bonus, e chissà quanto ci costerà questo bonus, …

… pensano di poter mettere il bavaglio al sottoscritto e a quella stampa non allineata che ha scelto di pubblicare i miei interventi che hanno la colpa di turbare la calma dell’allegra famigliola di corso Trieste”. Parole del consigliere provinciale e sindaco di Orta di Atella Angelo Brancaccio dopo la decisione del presidente della Provincia, Domenico Zinzi, di querelare una testata giornalistica rea di aver pubblicato un suo intervento.

“Questa vigliaccata è di una gravità inaudita – ha detto Brancaccio – non perché mi faccia indietreggiare di un solo millimetro dalla mia azione politica ma perché mira ad instaurare un regime pericoloso in un territorio in cui sono sempre meno le persone a detenere il potere. Zinzi ha detto a chiare lettere, con questo gesto che, chi non si allinea ai dettami della famigliola, ne pagherà le conseguenze… A me viene voglia di pensare: che paura”.

Per Brancaccio il delirio di onnipotenza manifestato da Zinzi è un attentato alla libertà di espressione e di informazione. “Mi auguro che, su questa questione intervenga in maniera decisa l’ordine dei giornalisti – ha esordito Brancaccio – che non può stare fermo di fronte ad un gesto così grave. Pensare di utilizzare le vie legali per impedire agli organi di informazione di divulgare una voce dissonante rispetto a quella del padrone non è consentito. Non mi sembra siamo tornati ai tempi dei moti carbonari quando si doveva ricorrere a fogli clandestini per divulgare la verità sul regime che governava l’Italia”.

Il sindaco di Orta di Atella sottolinea come lui aveva immaginato in maniera diversa il suo ritorno a corso Trieste. “La mia dignità di uomo e di amministratore – ha detto – mi impedisce di fare spallucce quando davanti mi passano porcate amministrative incredibili non è colpa mia se il parametro di selezione di staffisti e consulenti è quello di essere amico, amichetto, amica o amichetta, di professori, figli, figlie e figlioli. Non sono stato io l’unico presidente della provincia della Campania ad aver nominato un direttore generale a 240mila euro più bonus all’anno, i figli so’ piezz e core, non sono io ad usare il ‘marcianisometro’ per dare contributi e incarichi professionali, non sono io a sfamare con fondi pubblici gli appetiti dei miei accoliti politici, non sono io e neanche lui, ma la prossima settimana c’è giunta, non si sa mai, ad aver pensato ad un incarico per il cagnolino del cortile di casa…”.

Brancaccio conclude il suo intervento con una considerazione: “Anche io ho fatto delle querele nella mia vita, ma ho sempre pagato gli avvocati con i miei soldi, non ho utilizzato la Provincia, l’ente pubblico per risolvere le mie questioni personali. Ultima postilla, almeno in questo caso, Mimì, potevi evitare di dare l’incarico ad un dirigente del tuo partito. Almeno per querelare me potevi scegliere un avvocato che non è dell’Udc. Puntare addirittura su un commissario di partito di una cittadina casertana. Mi rendo conto che è proprio più forte di te. Mica soffri della ‘prebembite’, quel male incurabile che ti fa stare bene solo se concedi ‘prebende’?”.

Angelo Brancaccio
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