“Qui si entra solo muniti di certificato penale”: protesta dei baristi casalesi

di Redazione

 CASAL DI PRINCIPE. “Avviso importante per le persone che desiderano continuare a frequentare questo locale.

Siamo costretti a comunicare alla nostra spettabile clientela che, d’ora in avanti, saremo costretti a rifiutare il servizio e l’accesso al nostro locale a tutti coloro che non saranno in grado di esibire il certificato penale generale ed il certificato dei carichi pendenti, al solo fine di non essere più, ingiustamente, accusati di gestire un locale frequentato da persone con precedenti penali. Ci scusiamo di ciò con la clientela, anche in nome e per conto di chi continua a discriminarci e ritiene che chi, in passato, ha commesso errori o reati non ha più diritto né a rifarsi una vita né a stare in compagnia di amici in un bar”.

Questo è il manifesto che, come annunciato dal “Coordinamento per il Riscatto”,alcuni titolari di bar di Casal di Principe hanno deciso di affiggere all’esterno dei loro locali dopo le ultime decisioni del Questore di Caserta di ordinare la chiusura, temporanea, di due bar della città, considerati ritrovo di pregiudicati o di personaggi legati alla camorra locale.

Al momento non è dato sapere quanti locali aderiranno all’iniziativa. Intanto, sul caso interviene l’avvocato Francesco Martino dell’associazione Albanova e tra i promotori del “Coordinamento per il Riscatto” che di recente ha promosso iniziative atte a contrastare la discriminazione di un territorio, ossia la “triade” Casale-San Cipriano-Casapesenna, considerato solo terra di camorra. “Questo manifesto – commenta Martino – è la pacifica protesta degli esercenti dei locali pubblici contro quella che viene considerata un’ulteriore ed ingiusta discriminazione dello Stato contro i cittadini di Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Casapesenna. Infatti, è pacifico che gli esercenti dei locali pubblici non sono responsabili delle storie penali personali di chi frequenta i loro locali, anche perché, per legge, non possono limitare gli ingressi nei locali o rifiutarsi di servire consumazioni. Per questo molti cittadini ed imprenditori residenti nei comuni della vecchia Albanova hanno deciso di non accettare più, passivamente, l’aggressione alla libera iniziativa d’impresa, da parte dello Stato, che, giustamente, pretende dai cittadini il pagamento di imposte e tributi ma che, contemporaneamente, impedisce a moltissimi contribuenti di guadagnare, lecitamente, per un’errata interpretazione della normativa, mettendo in crisi molte attività commerciali. Le forze dell’ordine sono ben consapevoli che se un locale pubblico è frequentato da cittadini con precedenti penali, magari risalenti a molti anni addietro, nessuna colpa può essere imputata al titolare dell’esercizio pubblico, soprattutto se, dopo i controlli effettuati, nessuno dei clienti viene fermato o arrestato, a dimostrazione che non sta commettendo alcun reato”.

“Allora – continua l’avvocato Martino – viene spontaneo chiedersi perché viene punito e penalizzato il titolare di un esercizio pubblico se sono altri ad avere precedenti penali, essendo chiaro che nessuno, in particolar modo, il titolare del locale pubblico, può impedire ad un pregiudicato che ha scontato la sua pena di frequentare, temporaneamente, lo stesso locale. Appare altresì giusto segnalare che quando alcuni esercenti hanno chiesto alle forze dell’ordine di collegare le telecamere per la videosorveglianza dei loro locali alle caserme dei carabinieri o ai commissariati hanno ricevuto dinieghi a dimostrazione che, forse, non sempre, la collaborazione dei cittadini è gradita, perché, magari, fa più clamore dire agli organi di stampa che è stato chiuso, temporaneamente, un locale pubblico frequentato da persone con precedenti penali, magari senza alcun fondamento giuridico, valido per l’intero territorio italiano”.

“E’ evidente – sottolinea Martino – che il contrasto delle attività illecite deve avvenire con la collaborazione dei cittadini e non con la loro vessazione, altrimenti l’unico risultato che si ottiene è reprimere o meglio sopprimere le attività lecite. Sono sempre più numerosi i cittadini che si chiedono perché questa particolare attenzione, verso le attività imprenditoriali che si svolgono nel casertano, non è la medesima riservata agli esercenti di altre zone d’Italia. Infatti, dalla consultazione degli organi di informazione, locali e nazionali, sembra che la criminalità esista solo in alcune zone d’Italia, mentre è pacifico che essa regna sovrana, da sempre, dove vi sono più soldi ed in questo momento storico è chiaro che i soldi non si guadagnano al Sud dove lo Stato fa sentire, forte, la sua presenza, ma al Centro-Nord dove, apparentemente, sembrano essere tutti onesti”.

“Gli esercenti dei locali pubblici di Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Casapesenna e degli altri comuni del casertano – conclude Martino – rivendicano il diritto di poter continuare a fare impresa con onestà e non si oppongono ai continui controlli delle forze dell’ordine ma non possono più accettare, passivamente, di essere discriminati per colpe a loro non imputabili”.

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