Libia, cade F15 americano. La coalizione litiga su leadership

di Redazione

 TRIPOLI. Mentre la diplomazia internazionale continua a discutere della evoluzione della missione internazionale, è battaglia nei cieli tra caccia Usa e aerei libici e scontri tra lealisti e ribelli.

La Libia affronta, dopo i raid notturni, il quarto giorno di bombardamenti aerei, dovendo fare i conti anche con i tragici bilanci degli scontri tra forze fedeli al Raìs e ribelli. I jet delle forze della coalizione occidentale hanno attaccato un velivolo da guerra appartenente alle forze armate di Gheddafi mentre era in volo verso la città di Bengasi.

GHEDDAFI ATTACCA GLI INSORTI. Intanto, in diverse città le truppe del Colonnello sferrano attacchi contro le posizioni degli insorti. Furibondi scontri a Yafran, 130 chilometri a sud-ovest di Tripoli, dove almeno nove persone avrebbero perso la vita. Fallita invece l’offensiva lealista a Zintan: secondo un testimone citato dalla Bbc “le forze di Gheddafi si sono ora ritirate. Tuttavia, da 50 a 60 carri armati sono ammassati all’ingresso settentrionale della città”. Alemeno dieci le vittime dei bombardamenti dei pro-Gheddafi. Attacchi anche Misurata, stando a quanto riferito dalla Bbc: testimoni citati dalle tv parlano di tank in azione e vittime. Un portavoce dei ribelli ha parlato di un bilancio parziale di 40 morti, tra cui 4 bambini, e di almeno un centinaio di feriti. Secondo un bilancio di Abdel Hafiz al Ghogha, portavoce del Consiglio transitorio libico, solo sabato sarebbero morte 120 persone e 250 sarebbero rimaste ferite nell’attacco delle forze di Gheddafi contro Bengasi.

RAID NOTTURNI. Nel mirino dei raid aerei condotti durante la notte erano finiti soprattutto obiettivi legati alla difesa aerea libica a Tripoli e Sirte. Si sono uditi colpi di contraerea seguiti da esplosioni anche a Bab al-Aziziya, la zona in cui si trova anche il bunker del Colonnello, colpita la notte prima da alcuni missili. La televisione di Stato libica ha accusato la Danimarca dell’attacco di domenica, da cui gli Stati Uniti avevano preso le distanze spiegando di non avere tra gli obiettivi l’eliminazione del Raìs (di cui si auspica tuttavia l’abbandono del potere, spontaneamente o sulla base delle spinte da parte della popolazione libica). “L’offensiva contro Bab al-Aziziya è stata comandata dalla Danimarca”, ha riferito l’emittente, leggendo un comunicato in inglese, citato dalla Bbc.

F-15 PRECIPITATO PER AVARIA.

C’è poi la segnalazione del Daily Telegraph di un aereo da guerra americano, un F-15 Eagle, precipitato, sembra per un guasto. Il caccia Usa era partito da Aviano. Uno dei due piloti, riuscito a catapultarsi fuori dal velivolo, è stato salvato dai ribelli; l’altro è stato recuperato nei minuti successivi da forze della coalizione. La notizia è stata data da un corrispondente del quotidiano in Libia ed è poi stata confermata anche dall’Africa Command, il comando militare Usa delle operazioni in Libia, che ha parlato di “avaria tecnica”.

INCONTRO ONU-INSORTI.Il Palazzo di Vetro intanto comunica che lunedì a Tobruk si è svolto il primo incontro tra l’inviato delle Nazioni Unite in Libia, Abdel Al Khatib, e i leader dei ribelli che combattono il Colonnello. I rappresentanti degli insorti hanno descritto i diversi aspetti della situazione in Libia, sottolineando le “sofferenze e le difficoltà” che ci sono state in molte città del Paese.

SCUDI UMANI. Proprio attorno all’area in cui risiede Gheddafi si stanno alternando alcuni sostenitori che si sono resi disponibili a fare da scudi umani per indurre gli aerei della coalizione a non sganciare bombe. Ma si parla anche di civili costretti a radunarsi nei pressi degli obiettivi a rischio, contro la loro volontà. Non solo: anche i giornalisti stranieri verrebbero utilizzati allo scopo. Il Times di Londra rivela che un attacco è stato annullato dopo che alcuni reporter sono stati condotti nella zona del bunker del rais apparentemente con lo scopo di far constatare loro la situazione. Manifestazioni a sostegno di Gheddafi, in ogni caso, si susseguono quotidianamente nella capitale.

COLPITA BASE NAVALE.I raid della coalizione internazionale hanno colpito anche una base navale situata 10 chilometri a est della capitale, dove sarebbe scoppiato un incendio, secondo quanto riferito da diversi testimoni. Le forze armate statunitensi hanno invece annunciato di avere lanciato 20 missili Tomahawk nelle ultime 12 ore. Complessivamente sono 159 i missili Tomahawks lanciati da Stati Uniti e Regno Unito nell’ambito dell’operazione militare avviata sabato scorso dalla coalizione internazionale.

LA MISSIONE DEI TORNADO.Intanto l’Aeronautica italiana comunica che si sono concluse “positivamente” le ‘missioni di “accecamento'” dei siti radar libici condotte dai Tornado Ecr di stanza a Trapani. “Il positivo esito di una missione Sead (acronimo che sta per soppressione dei sistemi di difesa aerea, ndr) può essere di fatto conseguito anche in funzione di deterrenza, quando nell’ambito di un’operazione aerea complessa non viene rilevata la necessità di utilizzare l`armamento in dotazione al velivolo in quanto i sistemi radar presenti sul territorio ostile vengono appositamente spenti per non essere localizzati e successivamente colpiti, ha spiegato l’Aeronauitica italiana. “Ciò rende di fatto inoffensivi, come accaduto in queste prime missioni dei Tornado italiani, i sistemi di difesa aerea”.

GIORNALISTI ARRESTATI.Mentre lunedì il New York Times ha annunciato il rilascio dei quattro suoi giornalisti fermati la scorsa settimana, arriva ora la notizia della formalizzazione dell’arresto di due reporter dell’agenzia France Presse e un fotografo della Getty Images, fermati il 19 marzo nella zona di Tobruk. La conferma è arrivata dal loro autista. I giornalisti dell’Afp sono Dave Clark (britannico) e Roberto Schmidt (con doppio passaporto colombiano e tedesco) e il corrispondente americano di Getty Joe Raedle. L’autista, Mohammed Hamed, tornato domenica sera a Tobruk ha spiegato di aver preso a bordo i tre uomini venerdì mattina a Tobruk, città controllata dai ribelli, per accompagnarli sulla strada che porta a Ajdabiya. A poche decine di chilometri da Ajdabiya la loro auto ha incrociato una colonna di mezzi militari libici che li ha costretti a fermarsi. Fatti scendere sotto la minaccia delle armi i tre hanno cercato di spiegare di essere giornalisti (Dave Clark, gridava “sahafa, sahafa” (stampa, stampa), racconta l’autista). I tre giornalisti sono quindi stati fatti salire su un mezzo militare e portati via verso una destinazione sconosciuta.

LEADERSHIP. A tre giorni dal via alle operazioni militari contro i punti nevralgici della difesa di Muammar Gheddafi, la coalizione ha cominciato a perdere i pezzi. Quella che divide i governi è la questione della leadership delle operazioni della missione Odyssey Dawn finora condotte sotto il comando di Usa, Francia e Gran Bretagna. L’Italia reclama il passaggio in tempi rapidi della catena di comando sotto l’ombrello della Nato. In caso contrario, minaccia di riprendere il controllo delle sette basi militari messe a disposizione della coalizione e di provvedere a un “comando separato”, secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri, Franco Frattini.

FRANCIA: “NO POLEMICHE”.“Non creiamo polemiche artificiali” sul ruolo della Nato in Libia. Lo ha detto nel corso di una conferenza stampa a Parigi la portavoce del ministero degli Esteri francese, Christine Fages. La Francia, ha ribadito, non esclude “un contributo” della Nato in Libia. La dichiarazione arriva martedì 22 marzo, dopo che, per tutta la giornata precedente, Parigi aveva tenuto una posizione inamovibile. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, aveva dichiarato che “nei prossimi giorni l’alleanza è pronta a venire in sostegno della coalizione”, ma non ha mai pronunciato la parola coordinamento e ha ribadito che le operazioni sotto bandiera Nato non sarebbero le benvenute dai Paesi arabi. “Siamo in un’operazione voluta dalle Nazioni Unite, portata avanti da una coalizione ad hoc, e alla quale la Nato potrebbe eventualmente portare il suo sostegno”, ha rincarato il generale francese Philippe Ponthies, portavoce del ministero della Difesa. “Per il momento, tenendo conto che c’è già una coalizione internazionale formata non solo da Paesi europei e membri della Nato, ma anche da Paesi arabi, sembra che il sentimento prevalente è che la coalizione continui”, ha dato man forte il ministro degli Esteri spagnolo Trinidad Jimenez, senza escludere un ruolo di sostegno della Nato.

LA NORVEGIA LASCIA LA MISSIONE.La querelle ha già provocato i primi danni. La Norvegia ha annunciato la sospensione della sua partecipazione alle operazioni militari (sei caccia F16 dispiegati nel Mediterraneo ) finché non sarà chiarita la questione del comando, come ha chiarito il ministro della Difesa norvegese, Grete Faremo.

USA: “PRONTI A PASSARE CONSEGNE”.In precedenza gli Stati Uniti avevano annunciato la riduzione della loro partecipazione alle operazioni e il presidente Obama si è dichiarato pronto al “passaggio delle consegne” all’Alleanza: “La Nato – ha detto – verrà coinvolta nel coordinamento per rispondere alla risoluzione dell’Onu 1973, che ha autorizzato l’intervento in Libia. E sarà una questione di giorni, non di settimane”. In realtà, il segretario alla Difesa, Robert Gates, ha parlato anche della possibilità di un “comando franco-inglese” per poi aggiungere che sarebbe un errore per la coalizione prefigurarsi l’obiettivo di uccidere il leader libico. Anche Obama ha confermato che l’obiettivo delle operazioni è che “Gheddafi lasci il potere” per proseguire le attività”.

ITALIA: “COMANDO SEPARATO”.Intanto, la posizione italiana si è fatto netta: senza il passaggio delle operazioni in Libia sotto l’ombrello Nato, il governo considererebbe l’idea di istituire un proprio comando separato per gestire le attività di comando e controllo. Così recita la nota del ministro degli Esteri Frattini. A sostegno della richiesta italiana si sono schierati il Lussemburgo, Belgio, Danimarca e Romania. Per Frattini, “c’è un consenso crescente” tra i partner Ue. “Mi aspetto una decisione tra martedì e mercoledì”, ha detto. La Turchia intanto ha bloccato domenica i piani per un’eventuale missione. Il premier turco Tayyap Erdogan ha espresso irritazione per la posizione assunta dalla Francia.

BERLUSCONI: “NOSTRI AEREI NON SPARERANNO”.Nel pomeriggio Berlusconi aveva messo in chiaro: “Il comando delle operazioni in Libia torni alla Nato”. E poi: “I nostri aerei non sparano e non spareranno”. Infine una nota che appare polemica, sul fronte dell’emergenza umanitaria: “Altri stati facciano la loro parte. Noi i primi a fornire le tende per 12 mila profughi”. In serata il presidente del Consiglio è tornato sul tema Libia alla cena organizzata a Torino a sostegno del candidato sindaco del Pdl: “Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente”. Berlusconi si sarebbe detto poi sorpreso che la Francia abbia voluto “calcare la mano” in maniera unilaterale sulla questione libica.

LA RUSSA: “COMANDO NATO”.“Continueremo ad insistere nelle sedi internazionali affinché il cappello dell’operazione passi dalla coalizione alla Nato”, ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al termine del consiglio dei ministri convocato in seduta straordinaria per discutere dell’emergenza libica. La Russa ha spiegato che “altri Paesi della coalizione la pensano come noi, ma su questo non c’è una totale condivisione. Per noi la linea di comando della Nato è collaudata, gli assetti sono già prestabiliti e determinati. Il ministro ha poi precisato che l’Italia ha messo a disposizione quattro aerei Tornado per annullare i radar e quattro caccia F16 per scortare i Tornado. I Tornado italiani non hanno effettuato bombardamenti e d’ora in avanti si cercherà di garantire il massimo riserbo sulle missioni per evitare che le fughe di informazioni. Quanto al voto in Parlamento, chiesto dalla Lega e dalle opposizioni, La Russa ha detto che “non è ancora stato fissato ma non intendiamo sottrarci alla valutazione delle Camere, anche se dal punto di vista giuridico è sufficiente il voto delle Commissioni”.

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