Di Santo: “Quanto rumore per un marciapiede…”

di Redazione

Antonio Di Santo AVERSA. “La risposta del consigliere Barbato conferma e avvalora la mia tesi: il Pdl è un partito di prepotenti o almeno di due prepotenti”.

L’architetto Antonio Di Santo torna sulla vicenda del litigio avuto con Nicola Golia, coordinatore cittadino del Pdl e vicepresidente della provincia, alla luce del documento di “condanna” rifilatogli dal gruppo consiliare del Pdl tramite il consigliere Elia Barbato e delle dichiarazioni del vicesindaco Nicola De Chiara, suo riferimento in amministrazione (Di Santo è legato al “Gruppo della Libertà”, capeggiato da De Chiara, ndr.), il quale ha però preso le distanze dalla querelle.

“Secondo Barbato la mia ‘spudoratezza’ avrebbe ‘superato ogni limite’. Qual è il limite massimo concesso a un semplice dipendente comunale? Vorrei ricordare al consigliere Barbato che la dignità, il rispetto di se stessi e degli altri vanno ben al di là della legge Bassanini. Il mio ruolo di dirigente non può costituire il bavaglio per tacere un sopruso. Barbato sa bene (perché vi ha partecipato) che mercoledì 16 marzo la riunione del Pdl ha avuto come oggetto di discussione la mia rimozione, essendo stato poco solerte nell’esaudire le richieste di Golia, in merito alla sua pratica edilizia. E sa altrettanto bene che la ‘spedizione’ nel mio ufficio era stata organizzata per venerdì 18 marzo e che l’azione di ‘squadrismo’ era cominciata già in altri uffici comunali. Infatti, il giorno 18 marzo, ben cinque consiglieri comunali del Pdl, guidati dal loro condottiero, con ‘fare inquisitorio’, chiedevano notizie in merito alla mia azione gestionale. Un intero partito per chiedere informazione su un marciapiede. Se si fosse trattato di una strada avrebbero invitato il presidente Berlusconi?!”.

“Sicuramente non opero a livello personale, – continua Di Santo – devo dar conto della gestione sia ai politici che, in generale, ai cittadini perché il dirigente mette semplicemente in atto la programmazione politica. Non decide nulla né agisce in totale autonomia; pertanto ‘l’imbarazzo della politica nei confronti delle lamentele dei cittadini’ di cui parla Barbato, deve ricercarsi nella politica stessa in quanto essa decide quali lavori devono eseguirsi. Essendo stata calpestata la mia dignità, ho reagito, in quanto non disponibile a barattare i valori etici per perseguire una smodata ambizione, né disponibile ad alcun tipo di servilismo per raggiungere traguardi sociali. Non indosso una maschera fatta di ipocrisia e falsità: la verità per il sottoscritto è il principio supremo del rispetto umano”.

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