Libia, Frattini: “Ue non interferisca”. Berlusconi: “Inaccettabile violenza”

di Redazione

 TRIPOLI.A Tripoli, capitale della Libia, è un bagno di sangue. Gruppi armati pro-Gheddafi sono per le strade a caccia di manifestanti anti-governativi.

Al momento il bilancio dei morti si aggirerebbe intorno ai 300 morti, ma le stime sono “ipotetiche” visto che non vi sono canali di comunicazione ufficiali. Addirittura si parla di raid aerei sulla folla. Intanto, gli anti-governativi lanciano appelli ai cittadini ad unirsi alla loro protesta, che lunedì sera culminerà nella piazza Verde di Tripoli.

L’ESERCITO MEDITA “GOLPE”. Ma il regime del colonnello Gheddafi,nonostante la repressione, perde colpi. Il ministro della giustizia, Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil, ha rassegnato le dimissioni. Inoltre,all’interno dell’esercito vi sarebbero grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro il colonnello per mettere fine ai disordini. Non a caso, violenti scontri sarebbero in atto tra i fedelissimi gheddafiani delle Guardie dei Comitati rivoluzionari e i militari golpisti. In questi scontri sarebbe rimasto gravemente ferito il comandante delle forze speciali, Abdalla El Senoussi, secondo alcune voci sarebbe morto.

POLIZIA LASCIA CITTA’. Le stesse forze di sicurezza sarebbero nel caos. Polizia e forze di sicurezza sono fuggite in massa da al-Zawiya, località della Libia occidentale situata qualche decina di chilometri a ovest di Tripoli, lungo l’arteria che conduce alla frontiera con la Tunisia: lo hanno riferito testimoni oculari arrivati nella città di confine tunisina di Ben Guerdane. Da allora, hanno raccontato, la città è allo sbando: “Per due giorni ci sono stati scontri tra pro e anti Gheddafi e ieri la polizia ha lasciato la città. Tutti i negozi da domenica sono chiusi, una casa di Gheddafi è stata data alle fiamme, e la gente ha rubato auto della polizia. Il rais è abbandonato anche dai religiosi islamici: la Rete dei liberi ulema ha detto che la rivolta contro il regime è “dovere divino” di ciascuno.

GHEDDAFI IN FUGA? IL FIGLIO: “COMPLOTTO”. E sul destino di Gheddafi si susseguono diverse voci: c’è chi lo dà in fuga e chi nell’opposizione assicura che si trovi ancora in Libia. Saif al-Islam, figlio del colonnello, in un messaggio tv lanciato alla nazione ha detto che “la Libia è a un bivio” efatto più volte l’accenno a non meglio precisate “forze straniere” e “separatisti” che hanno messo in atto un “complotto” contro la Libia”. Il figlio del rais ha indicato i nemici: islamisti, organi d’informazione, teppisti, ubriachi, drogati e stranieri, compresi egiziani e tunisini. “Arriveranno le flotte americane e europee e ci occuperanno”, ha avvisato. Ha minacciato quindi di “sradicare le sacche di sedizione”, in quanto “il nostro non è l’esercito tunisino o egiziano. Combatteremo fino all’ultimo uomo, all’ultimo proiettile”.

INCENDIATI PARLAMENTO E SEDE GOVERNO. Alcuni testimoni riferiscono che sono stati incendiati sia il Parlamento che la sede del governo. Si parla di saccheggi di banche e negozi anche da parte delle forze dell’ordine mentre l’esercito si sarebbe unito ai dimostranti. Secondo il sito informativo al-Manara, bande armate stanno circolando per il quartiere di al-Azizia, dove si trova la sede della tv pubblica e diversi palazzi istituzionali, oltre alla residenza di Gheddafi. Gruppi armati hanno attaccato la caserma di al-Baraim, a una decina di chilometri dal centro di Tripoli. Cecchini appostati sui tetti hanno aperto il fuoco contro i manifestanti che tentavano di avanzare verso il centro di Tripoli. Secondo Al-Arabiya l’esercito avrebbe rifiutato di dispiegarsi nella città di Bani Walid. Tarhouna, in Tripolitania, sarebbe in mano ai manifestanti, così come Bengasi, Beida, Sirte (ma qui le fonti sono discordi), Zaouia e Gialo, nel deserto nei pressi dell’oasi di Cufra.

PAESI UE EVACUANO CITTADINI. Diversi paesi Ue, tra cui Portogallo e Austria, stanno evacuando i loro cittadini. Fonti della Farnesina a Bruxelles fanno sapere che “al momento l’Italia non prevede un piano di evacuazione”. Gli italiani “stabilmente” in Libia sono 1500 e la Farnesina e l’ambasciata “stanno consigliando di partire” con voli commerciali. Finmeccanica ha già iniziato l’evacuazione dei propri dipendenti (meno di dieci). Eni, Shell e Bp hanno iniziato il rimpatrio dei dipendenti non operativi e dei familiari. Alitalia ha annunciato che il volo della mattina è partito come previsto da Roma e ritornerà nel pomeriggio. Ma all’aeroporto di Tripoli è il caos:centinaia di stranieri sono in attesa di lasciare il paese e le compagnie fanno fatica a rispettare i piani di volo.

FRATTINI: “UE NON INTERFERISCA IN PROCESSO TRANSIZIONE”. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, si è detto “molto preoccupato per le ipotesi che stanno emergendo in queste ore di un emirato islamico a Bengasi”. Al suo arrivo alla riunione dei capi delle diplomazie dell’Ue, il titolare della Farnesina ha affermato: “Si stanno affermando ipotesi di emirati islamici a est e questo, a pochi chilometri dall’Italia, sarebbe un fattore di grande pericolosità. Sono molto preoccupato per una Libia divisa a metà tra Tripoli e la Cirenaica”. Frattini ha affermato che l’Ue “non deve interferire” nei processi di transizione in corso nel mondo arabo cercando di “esportare” il proprio modello di democrazia.

BERLUSCONI: “INACCETTABILE VIOLENZA”. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, “segue con estrema attenzione e preoccupazione l’evolversi della situazione in Libia e si tiene in stretto contatto con tutti i principali partner nazionali e internazionali per fronteggiare qualsiasi emergenza”. E’ quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi. Berlusconi”è allarmato per l’aggravarsi degli scontri e per l’uso inaccettabile della violenza sulla popolazione civile”.

ALLERTA NELLE BASI AEREE ITALIANE. Nel frattempo, proprio sulla scia di quanto sta accadendo a Tripoli, è stato innalzato, fino al massimo, il livello di allerta negli aeroporti e nelle basi aeree italiane. Una consistente quota di elicotteri dell’Aeronautica in queste ore ha anche ricevuto l’ordine di spostarsi verso il Sud della Penisola. La decisione di innalzare il livello di allerta è stata presa dopo l’atterraggio a Malta di due aerei e due elicotteri libici. “Ma non è nulla di più di quanto avviene per casi meno eclatanti” ha spiegato Ignazio La Russa, da Abu Dhabi dove è in visita ufficiale. “Abbiamo predisposto – ha aggiunto il ministro – l’invio di una piccola unità logistica in Libia: martedì sera avremo una riunione interministeriale con Maroni e Frattini, con cui sono in contatto continuo”. Non c’è, invece, nessun coinvolgimento dell’Italia nei raid in Libia. Interpellato in merito a notizie circolate in Rete sull’uso di caccia militari italiani, il portavoce della Farnesina ha fermamente stigmatizzato la diffusione di voci del tutto infondate ed incontrollate.

PRONTA L’ELETTRA.L’innalzamento delle difese italiane ha riguardato in particolare le basi dell’Aeronautica di Trapani e Gioia del Colle (Bari), dove sono schierati gli Eurofighter e gli F16: gli equipaggi di entrambi gli Stormi sono “al massimo livello di prontezza”, pronti cioè a decollare immediatamente, se necessario, per neutralizzare eventuali minacce aeree. Anche la nave della marina militare Elettra è stata mobilitata. “La nave – ha spiegato La Russa – al momento ancorata al porto di La Spezia, ha a bordo apparecchiature radar con strumentazioni di guerra elettronica, ascolto e raccolta di informazioni. Non è escluso che a bordo possano esserci unità delle forze speciali”.

DIPLOMAZIE.Il dipartimento di Stato americano ha ribadito di essere molto preoccupato per la situazione. Per protestare contro la repressione e l’utilizzo di mercenari stranieri per sparare contro i rivoltosi, si sono dimessi gli ambasciatori libici in India, Cina e alla Lega Araba, ha reso noto il servizio in arabo della Bbc, così come il ministro della Giustizia. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha fatto appello a “non ricorrere all’uso della forza e a rispettare le libertà fondamentali”. La Gran Bretagna ha richiamato il proprio ambasciatore a Tripoli e ha convocato quello libico per protestare contro la violenza della repressione. Il ministro degli Esteri della Finlandia ha evocato la possibilità che la Ue imponga sanzioni a Gheddafi.

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