Fini: “Berlusconi vuole un conflitto permanente”

di Redazione

Gianfranco FiniROMA. Berlusconi ha “interesse” a scatenare un “conflitto permanente” che coinvolge anche le istituzioni: lo dichiara Gianfranco Fini, a ‘l’Espresso’, parlando del conflitto di interessi del premier.

“C’è un interesse – sostiene – al conflitto permanente per creare uno stato di tensione, una perenne ordalia in cui si fa vivere agli italiani sempre l’ultima ora della campagna elettorale decisiva. Berlusconi alza muri per far dimenticare i suoi fallimenti, scava fossati contro i nemici: i comunisti, i giornalisti, i magistrati, gli alleati infedeli, Santoro, Fini… Va ben oltre il conflitto politico: come ha sottolineato il capo dello Stato, il pericolo è scatenare un conflitto istituzionale. Berlusconi ha delle istituzioni la stessa idea che ha del Pdl: una concezione proprietaria che lo porta ad attaccare i giudici, la Consulta, la Camera, fino a lambire il Quirinale”.

Per il presidente della Camera non è saggio né giusto auspicare che Berlusconi possa essere costretto a rassegnare le dimissioni per via giudiziaria. Berlusconi va sconfitto politicamente, con le elezioni”. E sul caso Ruby: “Sottoscrivo in pieno quanto ha detto il Capo dello Stato: l’imputato ha diritto di difendersi nel processo, non dal processo. Ed è un’ipocrisia dire: il giudice naturale è il Tribunale dei ministri. Se fosse davvero così basterebbe che il Pdl chiedesse alla Camera l’autorizzazione a procedere in tal senso. Altrimenti è tutto un infingimento. Un gioco degli specchi”. Rispetto alla telefonata del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in Questura, aggiunge: “Se quella telefonata c’è stata, ci sarebbe un uso privato di incarico pubblico”. Quanto all’eventuale pronunciamento dell’Ufficio di presidenza di Montecitorio sulla competenza del Tribunale dei ministri, Fini afferma: “Si tratta di una questione molto delicata per una semplice ragione: non ci sono precedenti. Se si porrà la questione la affronterò. Bisognerà condurre un’istruttoria molto attenta, ascoltando il parere della Giunta del regolamento. D’altronde, non mi sembra che ci siano le idee molto chiare neppure tra i legali del presidente del Consiglio…”.

Poi il leader di Fli ha parlato dell’immunità: “Prendiamo l’immunità parlamentare: non ci sarebbe nulla di eretico a discuterne, i padri costituenti l’avevano prevista, in assemblee come il Parlamento europeo ci sono prerogative analoghe. Ma oggi in Italia parlare di ritorno all’immunità significa garantire l’impunità. Non è cosiì” Lo afferma Gianfranco Fini in un passaggio della sua intervista a “l’Espresso”. Il presidente della Camera allora “sfida il Pdl”: “Prevediamo per l’autorizzazione a procedere una maggioranza qualificata, i due terzi dei votanti della Camera, in modo che siano bloccate solo quelle inchieste dove è evidente il fumus persecutionis e non ci sia invece il rischio di garantire l’impunità a colpi di maggioranza. So già che anche questa elementare proposta – dice il presidente della Camera – sarà considerata una provocazione. Perché il Pdl è solo alla ricerca di una corazza per Berlusconi contro i giudici”.

Infine, il presidente della Camera affronta il nodo degli abbandoni da Fli. “Un delirio: frutto di allucinazione collettiva, o di malafede”. Fini considera ora il progetto politico nato a Bastia Umbra all’inizio di un lungo camino, di “una traversata nel deserto a piedi” di cui “l’esito è tutt’altro che scontato”. “In gioco – spiega – c’è molto di più di un gruppo parlamentare: c’è un progetto politico ambizioso e, banalità, il futuro della persona che anima il progetto. Comunque Fli – aggiunge – non vuole partecipare allo scontro quotidiano tra berlusconiani e anti-berlusconiani: sono due facce della stessa medaglia”. Fini, nel corso dell’intervista, ha poi ‘corretto’ il tiro sulla denuncia che fece contro le “armi seduttive del potere finanziario e mediatico” puntando il dito contro quei deputati disposti alla campagna acquisti. “Mi sono meravigliato a vedere le mie frasi così tradotte: deputati comprati. Il mio ragionamento è più ampio: il conflitto di interessi esiste, lo sa bene anche la sinistra che quando ha governato ha ignorato la questione, in una fase in cui la messa all’indice di chi si oppone diventa il tratto distintivo, contrastare il gigante comporta gravi rischi. Ma la nuova anima del berlusconismo – conclude – non è il conflitto di interessi, e’ l’oggettivo interesse al conflitto”.

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