Camorra, lui si pente ma i familiari si dissociano con dei manifesti

di Antonio Taglialatela

Giuseppe Guerra FRIGNANO. Lui e la moglie decidono di collaborare con la giustizia ma i loro familiari si dissociano e lo comunicano addirittura facendo affiggeredei manifesti pubblici per le strade del paese e dei comuni limitrofi.

Succede nell’agro aversano, tra San Marcellino, Frignano e Trentola Ducenta, dove nella mattinata del 10 febbraio sono apparse sui muri, a caratteri ben visibili di colore blu, le dichiarazioni firmatedalle famiglie “Luigi e Salvatore Guerra e Di Gaetano Antonio, con relative mogli e figli”, che si dissociano dal pentimento di Giuseppe Guerra e della moglie Consiglia Barone, annunciato il giorno prima dagli organi di informazione casertani. “Hanno il coraggio di dire e far pubblicare sui giornali cose non vere nei nostri confronti”, si legge nel manifesto, in cui i familiari sottolineano di “non aver mai avuto nulla a che vedere con la sua vita e le sue malefatte, perché abbiamo sempre lavorato”.

Al di là che possa trattarsi di reale “dissociazione” od omertà, sta di fatto che finora, in circostanze analoghe,si erautilizzato il semplice”passa voce” per il paese, oggi invece si opta per un sistema decisamente più “mediatico”.

Giuseppe Guerra, 43 anni, originario di Frignano ma residente a San Marcellino, è da tempo detenuto per associazione a delinquere di stampo mafioso: nel 2005 la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere lo ha condannato alla pena di 6 anni di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici per associazione per delinquere di tipo camorristico relativa alla sua ‘militanza’ tra i Casalesi nel periodo dal 1986 al 1996. Il 4 ottobre del 2009 gli venivano sequestrati beni, fittiziamente intestati a prestanome, per un ammontare di 120mila euro. Il 20 maggio 2010, insieme alla moglie, veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare: a lui veniva contestato il reato di associazione mafiosa, a lei (assegnata ai domiciliari) diattribuzione fittizia di beni e di reimpiego di denaro proveniente dall’attività del clan dei Casalesi – gruppo Bidognetti.

 Ma l’accusa più grave arrivava il 23 settembre 2009, con un’altra ordinanza di custodia cautelare riguardante il duplice omicidio di Antonio Ciardullo ed Ernesto Fabozzi avvenuto a San Marcellino il 12 settembre 2008. Guerra veniva raggiunto dal provvedimento insieme al boss Giuseppe Setola e a Giovanni Letizia, anch’essi in carcere. Setola, in quel periodo,dopo la sua evasione da una clinica di Pavia, aveva assunto la guida della fazione Bidognetti.Secondo gli inquirenti, l’uccisione di Ciardullo (titolare dellaomonima dittaattiva nel trasporto di prodotti ortofrutticoli)e del suo dipendenteFabozzi, rientrava in quella tattica stragista che Setola intendeva attuare al fine di instaurare un regime di terrore nei confronti di quanti, imprenditori, cittadini italiani e stranieri, fiancheggiatori ed affiliati, risiedevano nel territorio di influenza del clan Bidognetti, la cui “autorità criminale” andava indebolendosi per l’arresto dei suoi capi e di numerosi affiliati, oltre che per l’esistenza di contrasti interni ed a causa della collaborazione di importanti esponenti. Un obiettivo cheveniva perseguito colpendo, in particolare, chi aveva osato denunciare gli affiliati al clan o i congiunti dei collaboratori di giustizia, cioè coloro che, più di ogni altro, erano in grado di minare il dominio criminale della organizzazione.

Secondo la ricostruzione effettuata dagli uomini della squadra mobile, l’agguato fu posto in essere dagli stessi Setola e Letizia, mentre Guerra svolgeva il ruolo di “specchiettista”. Il vero obiettivo del raid era Ciardullo, che nel 1998 aveva denunciato proprio Guerra per il reato di estorsione. L’imprenditore veniva massacratocon quindici colpi di pistola. Fabozzi, invece, veniva eliminato solo perché rappresentava un pericoloso testimone. Le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli e condotte dalla Squadra Mobile di Caserta, supportate da perizie balistiche e dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, tra i quali l’ex setolianoOreste Spagnuolo, permettevano di risalire al movente del delitto e a individuarne gli autori materiali.

Le perizie balistiche, peraltro, consentivano di accertare che la pistola semiautomatica calibro 9×21, usata per il duplice omicidio, era stata utilizzata anche in occasione di altri fatti delittuosi, imputabili al gruppo Setola, tra cui il duplice omicidio Kazani-Dani del 26 ottobre 2009 (per il quale Guerra ha ricevuto un’ordinanza cautelare), la strage degli immigrati compiuta a Castel Volturno il 18 agosto 2008 egli omicidi di Lorenzo Riccio, a Giugliano, il 2 ottobre 2008, e di Stanislao Cantelli,il 5 ottobre 2008, a Casal di Principe.

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