Rivolta in Libia, 300 morti. Gheddafi minaccia Ue sugli immigrati

di Redazione

 TRIPOLI. La rivolta contro il regime di Gheddafi, che dura da più di 40 anni, finisce nel sangue: ormai i morti si contano a centinaia.A Bengasi il bilancio tragico e comunque non ufficiale degli scontri del fine settimana è di oltre 280 vittime.

Armi da fuoco e razzi usati da polizia e forze speciali dell’esercito, in una situazione che prefigura una vera e propria guerra civile. Le notizie dalla Libia continuano ad arrivare soltanto via Internet e con molta difficoltà, perché la Rete è stata bloccata e l’accesso chiuso quasi ovunque nel Paese. La tv di Stato, invece, mostra immagini di tranquillità nelle vie di Bengasi e Tripoli e afferma che il regime di Gheddafi non è in pericolo nè minacciato. Tuttavia un segnale che le cose non stiano proprio in questi termini arriva dalla notizia del rappresentante libico presso la Lega Araba che ha rassegnato le sue dimissioni affermando di essersi “unito alla rivoluzione”.

Il volto duro viene in ogni caso mostrato anche all’esterno, nei confronti dell’Europa e, quindi, anche dell’Italia, il Paese Ue più vicino ed esposto. Con una vera e propria minaccia arrivata alla presidenza ungherese di turno della Ue: se l’Unione Europea non cesserà di sostenere le rivolte in corso nei Paesi del Nord Africa e in particolare in Libia, Tripoli cesserà ogni cooperazione con la Ue in materia di gestione dei flussi migratori.

Ma nel tardo pomeriggio arriva dall’alto rappresentante della politica estera Ue, Catherine Ashton, un nuovo invito alle autorità libiche affinché siano fermate “subito” le violenze contro i manifestanti. C’è ora attesa per un intervento che il figlio di Gheddafi, Seif, terrà alla tv pubblica.

Intanto, le autorità libiche hanno spiegato di avere arrestato decine di cittadini arabi appartenenti a “un’organizzazione” che avrebbe come suo fine ultimo la destabilizzazione del paese. Secondo l’agenzia ufficiale Jana, che cita fonti della sicurezza, “le persone arrestate sono state prelevate in alcuni villaggi libici” perché impegnati a compromettere “la stabilità della Libia, la sicurezza dei suoi cittadini e la loro unità nazionale”. Si tratta di “cittadini di nazionalità tunisina, egiziana, sudanese, palestinese, siriana e turca”. Un dimostrante a Bengasi ha riferito inoltre alla Bbc che anche alcuni soldati stanno passando “dalla parte della protesta”, mentre qualcuno riferisce di una città quasi “fantasma” con le forze di sicurezza ritiratesi nella cittadella fortificata, noto come il Centro di Comando, da dove “sparano i cecchini”. E, secondo la tv araba Al Jazeera, sabato alcuni aerei da trasporto militari carichi di armi per la polizia sono atterrati in un aeroporto a sud di Bengasi. Forze speciali sarebbero inoltre pronte ad agire, pensate e organizzate per una lotta senza confini: l’obiettivo è annientare la protesta e per farlo, spiega un oppositore, si reclutano “unità militari di origine africana, che non hanno legami tribali e sulle quali si può quindi contare per una letale campagna di repressione”.

Il ministero degli esteri italianosconsiglia tassativamente qualsiasi viaggio non essenziale in Libia, nella regione della Cirenaica e in particolare a Bengasi, Ajdabya, Al Marj, Al Beida, Derna e Tobruk. L’Austria ha annunciato l’invio di un aereo militare a Malta per un’eventuale evacuazione dei suoi cittadini e altri europei dalla Libia e dagli altri Paesi del Nordafrica in cui sono in atto proteste contro i governi.

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