Mubarak si dimette, potere ai militari. Piazza in festa

di Redazione

 il discorso di Mubarak in tvIL CAIRO.Hosni Mubarak si è dimesso dalla carica di presidente dell’Egitto e ha passato il potere all’esercito. Lo ha annunciato il vice-presidente Omar Souleiman, in un intervento alla televisione.

Mubarak, che ha lasciato la Capitale per rifugiarsi a Sharm El Sheikh, ha rinunciato al suo mandato presidenziale e incaricato le forze armate di gestire gli affari dello Stato. La folla al Cairo, e specialmente in piazza Tahrir, ha esultato all’annuncio. La notizia è stata accolta con un tripudio di bandiere egiziane sventolate in piazza Tahrir. Da un lampione viene agitato un fantoccio impiccato che era stato appeso già giorni fa. Lo accompagnano fischi e grida di giubilo. Alcuni urlano “dio è grande”, altri “abbiamo abbattuto il regime”.

Che la situazione fosse ancora in movimento era chiaro già da giovedì sera: la cessione delle deleghe al vicepresidente Suleiman non era piaciuta agli Usa che avevanoparlato apertamente di “opportunità mancata”, preoccupata per lo scetticismo con cui questa manovra potrebbe essere accolta dal popolo egiziano. La comunità internazionale ha lasciato intendere di temere un possibile colpo di Stato e ad alimentare ulteriormente le tensioni sono arrivate in mattinata le dichiarazioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che parla della “fine del cammino delle potenze arroganti” che profetizza “un Medio Oriente senza il regime sionista e senza gli Usa”. Ma l’esercito, dopo una lunga riunione del proprio Consiglio supremo, ha stabilito la fine dello stato di emergenza garantendo, una volta terminati i disordini, “il pacifico passaggio dei poteri ed elezioni libere”.

Una posizione, quella espressa dalle forze armate, che non è piaciuta alla folla riunita davanti al palazzo presidenziale del Cairo: con il loro comunicato i militari hanno in sostanza deciso di appoggiare Mubarak, riconoscendone il trapasso di poteri al vice Suleiman e proponendosi come “garanti” del piano di riforme promesse dal rais. A molti manifestanti è sembrato un dietrofront, un tradimento del mandato a prendere in mano la situazione che di fatto la folla aveva consegnato ai militari. “Ci avete delusi, noi avevamo riposto in voi tutte le nostre speranze!”, ha urlato un dimostrante, dopo aver strappato a un colonnello il microfono con cui questi aveva appena letto in piazza il documento diffuso anche dalla tv di Stato. “Mubarak va processato!”, hanno urlato altri contestatori. “No, questo non è un colpo di Stato”, cercava nel frattempo di replicare l’alto ufficiale, sottolineando che l’esercito non ha alcuna intenzione di prendere direttamente il potere, ma solo di garantire il rispetto della volontà popolare attraverso l’attuazione di un programma di riforme affidato ad autorità civili. Poi migliaia di manifestanti hanno lasciato piazza Tahrir dirigendosi verso il palazzo presidenziale, dove in mattinata è iniziata un’altra manifestazione spontanea.

“Non perseguiremo le persone oneste che hanno lottato contro la corruzione nel Paese. – si legge nel comunicato diffuso dai vertici militari – Alla luce dei recenti avvenimenti e del passaggio delle deleghe dal presidente al suo vice e nell’interesse della stabilità e della sicurezza del Paese, garantiamo la fine dello stato d’emergenza”. I militari promettono inoltre che “si terranno elezioni presidenziali libere e che verranno eseguite le riforme costituzionali preannunciate”. Le forze armate si impegnano a salvaguardare le “richieste legittime del popolo affinché vengano eseguite e ci sia un passaggio di poteri pacifico”.

Mohammed ElBaradei, uno dei leader dell’opposizione, ha espresso la propria posizione su Twitter: “Continuiamo a sperare che l’esercito venga dalla nostra parte. Tutta la nazione è per strada – ha scritto -. Per il regime il solo modo per venirne fuori è dimettersi. Il potere del popolo non può essere schiacciato, avremo la meglio”. Le forze di opposizione sperano inoltre di poter processare Mubarak: “Non è importante per noi se sia ancora in patria o all’estero, l’importante è che venga processato per ciò che ha fatto all’Egitto” spiega Hamda Qandil, dirigente dell’Associazione per il cambiamento in Egitto guidata da ElBaradei.

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