Fallimento della Bcc di Aversa: arrestati ex presidente e due ex dirigenti

di Redazione

Guardia di Finanza AVERSA. La Guardia di Finanza ha eseguitoquattro misure cautelari nei confronti della governance della Banca di Credito Cooperativo di Aversa.

Agli arresti domiciliari sono finiti: l’ex presidente Enrico Giuliano,l’ex vicepresidente Cesario Bortone, l’ex direttore Vincenzo Arbore.Divieto di esercitare per due mesi la professione per un commercialista, D.D.A., ex componente del collegio sindacale (non arrestato come detto in un primo momento). A seguito del fallimento dell’istituto bancario, avvenuto nel 2009, sono iniziate le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che hanno consentito l’arresto dei dirigenti della Banca ritenuti responsabili del dissesto. Le attività investigative condotte dalla Guardia di Finanza di Caserta, unitamente a funzionari della Banca d’Italia, hanno evidenziato la causa del dissesto nella concessione di finanziamenti nei confronti di clienti apparentemente ignari, in assenza delle opportune garanzie.

L’operazione giunge a conclusione di complesse indagini all’esito delle quali risulta accertata, a carico dei componenti degli organismi sociali della Bcc di Aversa, la distrazione e dissipazione di circa 11 milioni di euro in un arco temporale di soli due anni, conseguenza di una gestione a dir poco avventata, frutto di eccessivi “sconfinamenti” conseguenti ad affidamenti non garantiti, di prassi anomale in ordine all’ammissione a soci, di arbitraria gestione dei fondi, di elusione alla normativa antiriciclaggio, di vaglio assolutamente inadeguato della capacità di rimborso della clientela. Condotte che hanno provocato l’erosione di tutto il patrimonio della banca, determinandone la declaratoria dello stato di insolvenza, dichiarata con sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 18 settembre 2009.

L’indagine trae origine dagli esiti dell’attività ispettiva della Banca d’Italia che aveva portato alla luce una serie di gravi irregolarità che spaziano dall’arbitraria gestione dei fondi ad un’indiscriminata politica degli impieghi con grave deterioramento della qualità dell’attivo. Sono state analizzate tutte le operazioni avallate dall’istituto di credito in favore di importanti gruppi imprenditoriali, quali il Gruppo Lamboglia, Castriola Scanderberg Luigi, Gruppo Fontana, Gruppo Testa, Pietra Marina Srl, aventi ad oggetto dispositivi di affidamento effettuati in violazione dei più elementari canoni di prudenza e ragionevolezza.

L’avventatezza delle scelte gestionali, ispirata da motivazioni economiche di mero tornaconto personale ed in quanto tali incompatibili con gli interessi della banca, era, d’altro canto, già stata evidenziata durante la gestione provvisoria cui l’istituto veniva sottoposto con decreto della Banca d’Italia (ai sensi dell’articolo 76 del Testo unico bancario), gestione che alcuna efficacia deterrente aveva sortito, perdurando le illecite operazioni e moltiplicandosi le posizioni di sofferenza tali da determinare la repentina ed irrimediabile insolvenza della Bcc. Gli investigatori hanno dimostrato che era diffusa la prassi di presentare i soggetti che dovevano beneficiare di aperture di credito a vario titolo (scopertura in conto, anticipo su fatture), come soci, di far loro sottoscrivere azioni di importo irrisorio e di far ratificare prestiti o affidamenti che, in realtà, erano già stati accordati sulla base della presentazione del consigliere che rappresentava in sede assembleare l’affidando. Il presidente Giuliano rappresentava 98 soci per un totale di quote ammontanti a 687mila euro.

In concreto, spiegano dalla procura sammaritana, la banca funzionava come uno strumento per acquisire clientela e potere e, rispetto a questo obiettivo, non aveva alcuna importanza la verifica della solvibilità dei nuovi soci, anzi era nota l’assenza di qualsiasi garanzia per la restituzione delle somme affidate. Ma c’è di più. Stando alle indagini, le ingenti movimentazioni di denaro, oggetto di puntuale verifica, veniva effettuate da soggetti che erano soci o amministratori della banca ma che, contemporaneamente, gestivano altre attività imprenditoriali. La mancata segnalazione delle operazioni al sistema “Gianos” da parte degli organi sociali della Bcc e nell’assenza di qualsiasi controllo da parte del collegio sindacale, che abdicava scientemente alla funzione di cui era deputato, metteva al riparo i beneficiari da ogni possibile verifica, offrendo veste legale ad operazioni effettuate al di fuori e in dispregio a qualsiasi logica bancaria.

Emerge, inoltre, secondo la procura, una sostanziale collusione tra controllori e controllati in violazione delle più elementari regole di trasparenza e di corretta gestione legale dei flussi finanziari, circostanze ancor più gravi in un territorio particolarmente a rischio come la provincia di Caserta e l’agro aversano in particolare.

Le passività accertate sono state trasferite in capo alla Banca Sviluppo Spa che si farà carico degli impieghi e della raccolta della banca, così da salvaguardare i depositanti. Resta, però, il dato sconcertante che i veri danneggiati dalla mala gestio sono proprio i soci cooperati visti, sottoscrittori delle quote, il cui valore è quasi del tutto deprezzato.

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