“Compravendita” di un neonato, arrestata coppia teverolese

di Redazione

 TEVEROLA. Sei persone sono state arrestate lunedì 17 gennaio per una “compravendita”, tra Ucraina, Teverola e Cassino, di un bambino ad una coppia di italiani.

La vicenda risale all’aprile 2009 quando i carabinieri di Cassino trovarono in casa di due coniugi 50enni, imprenditori di Cervaro, nel cassinate, un piccolo di soli cinque mesi. La coppia sosteneva che il bambino fosse figlio loro, senza però essere in possesso di documenti che comprovassero la nascita e l’iscrizione all’Anagrafe. Ai militari, inoltre, era noto che la coppia aveva tentato a lungo di avere figli, senza riuscirci. I coniugi venivano sottoposti a fermo il 28 luglio 2010 e poi ai domiciliari.

Sarebbe stata la denuncia di un medico, un pediatra, a far scattare le indagini: durante una visita il dottore si sarebbe reso conto che il bambino non poteva essere figlio della coppia. Il piccolo, pertanto, veniva affidato, tramite i servizi sociali, ad una struttura protetta di Roma.

Ora, dopo circa due anni, la conclusione delle indagini, dirette dal sostituto procuratore di Cassino, Beatrice Siravo, che ha portato all’esecuzione di altri seiprovvedimenti di custodia cautelare ai domiciliari. Oltre alla madre naturale, una 21enne ucraina, sono finiti agli arresti una coppia ucraina residente a Teverola (Caserta),un’altra coppia di italiani che abita a Casaluce (Caserta), e un avvocato di Aversa (del foro casertano di Santa Maria Capua Vetere) che si stava adoperando per gestire la trattativa e rendere “in qualche modo” legale l’operazione. Leaccuse, a vario titolo, sono di soppressione di stato civile di minore e favoreggiamento personale.

La ragazza sarebbe arrivata in Italia ad Aversa, poco prima della nascita del piccolo e la vendita sarebbe stata perfezionata a Venezia. I duecassinati, per diventare genitori illegali, avrebbero pagato 15mila euro in due tranche e ne avrebbero dovuti pagare altri 10 mila se, a luglio, non fossero intervenuti i militari. L’intera operazione aveva come intermediari attivi anche l’altra coppia di italiani e si avvaleva del “contributo tecnico”dell’avvocato. Gli ucraini, però, quando hanno capito che, per legalizzare l’adozione con l’impegno del legale coinvolto, avrebbero dovuto aspettare almeno altri due o tre anni, hanno cominciato a pressare la coppia per avere la parte restante del denaro. La coppia italiana, a quel punto, si è resa irreperibile, trasferendosi in un albergo di San Giorgio a Liri (Cassino) con il bambino, che avevano chiamato Gennaro.

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