Genova: 75enne uccide moglie e due vicini di casa, poi si suicida

di Redazione

 GENOVA. Tragedia domenica mattina a Genova, dove un 75enne, dopo aver ucciso la moglie e due fratelli vicini di casa, si è tolto la vita sparandosi.

All’origine del raptus la gelosia: Carlo Trabona (l’assassino) era convinto che uno dei due uomini che ha ucciso avesse una relazione con la moglie.

La gelosia, infondata e aggravata da disturbi psichici è la causa dei tre omicidi e del suicidio avvenuti questa mattina a Genova. Protagonisti sono l’assassino, Carlo Trabona, 75 anni, muratore in pensione, già condannato per omicidio volontario nel 1962, e le vittime: la moglie Antonina Scinta, 73 anni; Loreto Cavarretta, 69 anni, presunto amante della Scinta e suo fratello Angelo Cavarretta, 77 anni. Tutti e quattro sono originari di Vallelunga Pratameno in provincia di Caltannissetta.

Trabona ha adoperato un revolver a sei colpi rubato nel 1979 e detenuto illegalmente. Le due figlie dell’assassino hanno raccontato agli investigatori diretti da Alessandro Bucci responsabile della sezione omicidi della squadra mobile genovese, che da tempo il padre era convinto che la moglie avesse una relazione con Loreto Cavarretta, relazione secondo loro del tutto inesistente.

Alle 10,30 Trabona è sceso in via Piacenza dove ha incontrato i due fratelli. Ha sparato ad entrambi colpendo con numerosi colpi Angelo al torace e Loreto all’addome. Angelo è crollato a terra ed è morto poco dopo, Loreto, pur ferito, è riuscito a fuggire, ha percorso 600 metri circa ed è entrato nel supermercato dove è stato soccorso dai commessi e poi dal 118 e dal 113. Poi sono arrivate le volanti in via Piacenza e nel supermercato, intanto l’assassino è tornato a casa.

Sul pianerottolo ha ucciso la moglie con un colpo di pistola all’orecchio destro, poi ha suonato alla porta dell’appartamento di fronte dove abitava Loreto e ha avvertito del fatto la moglie di quest’ultimo. Quindi ha suonato alla porta di un altro vicino che non ha aperto. A questo punto Trabona ha iniziato una discussione con il vicino e con i poliziotti fermi al piano di sotto che tentavano di convincerlo a consegnarsi. Mentre si stava preparando un intervento di tiratori scelti, probabilmente calati dall’alto, l’assassino si è sparato alla testa ed è morto. Più o meno negli stessi minuti è deceduto il ferito.

Carlo Trabona ha avuto in passato problemi psichiatrici e, come ha raccontato il pm Vittorio Ranieri Miniati, un precedente per omicidio volontario. È quanto spiega il pm Vittorio Ranieri Miniati.e nei giorni scorsi avrebbe confidato alla figlia di temere che la moglie lo tradisse col vicino di casa. Ma la convinzione dell’uomo viene ritenuta più una fantasia frutto della sua mente indebolita, piuttosto che una possibilità reale.

“Eravamo sotto tiro, era una situazione pericolosa e quello che ci premeva era risolverla – dice Alessandra Bucci, neovicedirigente della squadra mobile di Genova e responsabile della omicidi – L’uomo era in forte stato di agitazione, armato sul ballatoio, in preda alla follia, e non ha parlato più di tanto. Ora ci concentreremo per capire i motivi che hanno scatenato tutto questo”.

“Due botti fortissimi come se fossero esplosi due petardi. Ho aperto la porta e ho visto il corpo senza vita di Antonina a terra sul ballatoio. Mi è preso un colpo. Accanto c’era Carlo. Aveva lo sguardo stralunato ed una pistola in mano. Ho chiuso la porta e ho chiesto aiuto. Come facevo a farlo entrare? Dopo mezz’ora ho sentito un altro colpo e ho capito che si era ucciso”. Sergio Sansalone s’interrompe. S’asciuga il sudore dalla fronte. Parla e gesticola . “Sono ancora agitato, sono ancora agitato, non riesco a togliermi quella scena dalla mente”, non smette di ripetere mentre indica la mattanza al secondo piano del casermone di via Piacenza, numero 91. Sangue e segatura, rabbia e dolore.

Da queste parti quel palazzo lo chiamano ‘Vallelunga’ “perchè siamo quasi tutti di quel paese in provincia di Caltanisetta in Sicilia, perchè ci conosciamo tutti”, dicono e ripetono i condomini. Carlo e Loreto ma anche Antonina erano gente come loro. Immigrati che si erano fatti una posizione, immigrati che ora si godevano la pensione. “Erano sempre insieme Carlo e Loreto – ripete Sansalone – come migliori amici. Si facevano le ‘vasche’. Da qui a San Gottardo a piedi e ritorno. Cosa si raccontavano? I bei tempi, la gioventù e poi giocavano a carte. Quante partite, giocavano insieme a carte”.

Sansalone lo ha visto con l’arma in mano: “Ho avuto paura, molta paura. Anche perchè era fuori di sè e ripeteva frasi sconnesse. Così ho chiuso e ho chiamato la polizia”. Nessuno qui voleva credere che tra il vicino e Antonina ci fosse qualcosa, una sorta di relazione, folle movente di questa strage: “Ma non scherziamo – spiega Maria Macrì – a settant’anni come si fa a dire una cosa del genere”.

Trabona nella vita aveva fatto il muratore. Due figlie, un passato a tinte oscure, una vita e una immagine ricostruita al Nord: “Era una persona buona di animo e di cuore. Portava le verdure del suo orto a tutti, era gentile e disponibile”, racconta Pino. Anche di Antonietta qui in via Piacenza hanno tutti un ricordo ottimo: “Una mamma, una casalinga – prosegue Pino – che usciva poco di casa, pensava sempre alla spesa e alle faccende domestiche. Era una donna piacevole ed educata”.

Sul pianerottolo della mattanza è un via vai di parenti, vicini e curiosi. Molti scuotono la testa, molti versano una lacrima. In casa di Lorenzo Cavarretta, dirimpettaio del killer, è il momento del dolore. Si sentono urla e disperazione. Grida la moglie, gridano i figli, gemiti e pianti. Nessuno ha voglia di parlare, di dire qualcosa: “Scusate ma non è il momento”, spiega il figlio di Loreto, Benedetto. Ha il volto segnato. piegato dal dolore e dalla rabbia. Vogliono essere lasciati soli perchè una cosa così non se l’aspettava, non poteva aspettarsela nessuno.

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