Bielorussia, Lukashenko rieletto presidente: scontri e arresti

di Redazione

LukashenkoMINSK. Migliaia di oppositori in piazza, scontri e centinaia di arresti hanno accolto domenica sera in Bielorussia la vittoria a valanga per il quarto mandato da presidente di Alexander Lukashenko.

Centinaia gli arresti tra i manifestanti, tra i quali anche quattro candidati dell’opposizione: Andrei Sannikov, Nikolai Statkevitch, Rygor Kastussev e Vitali Rymachevskii, come, hanno dichiarato i loro rispettivi portavoce. La tensione è montata a Minsk quando la polizia in assetto antisommossa ha iniziato a disperdere il corteo a colpi di bastone. Ferito un altro candidato all’opposizione, il poeta Vladimir Nekliaev finito all’ospedale con una commozione cerebrale. I manifestanti hanno cercato di dare l’assalto alla sede del governo prendendo di mira porte e finestre dell’edificio.

Lukashenko ha vinto ufficialmente con il 79,67% delle preferenze. Uno stacco enorme dal secondo candidato Andrei Sannikov, secondo gli esxit poll a poco meno del 5% (4,7%). Mentre Vladimir Nekliaev sarebbe arrivato terzo con il 4,3%. Si sta così chiudendo una tornata elettorale che l'”ultimo dittatore d’Europa”, come lo etichettò George W.Bush, ha voluto scaglionata in più giorni. E che gli altri nove candidati considerano organizzata in tal modo per rendere più agevoli brogli e irregolarità, in linea con la triste tradizione di Minsk.

Circa sette milioni di elettori dell’ex repubblica sovietica erano stati chiamati a recarsi alle urne (ha votato il 90,66% degli aventi diritto) dalle 7 (ora italiana) alle 19 per scegliere fra dieci candidati, una cifra record. Negli ultimi giorni della campagna elettorale, l’opposizione aveva denunciato massicce falsificazioni delle schede elettorali degli aventi diritto che hanno votato in anticipo e che potrebbero rappresentare fino al 30 per cento degli iscritti. Sconfortata ma non rassegnata, l’opposizione già da sabato si era data appuntamento domenica sera nella piazza centrale della capitale bielorussa dove si trovano, nello stesso palazzo, il governo, il parlamento e la commissione elettorale.

Già dal pomeriggio intono alla piazza erano arrivati blindati e schiere di poliziotti per impedire che si ripetesse quanto avvenne nel 2006, quando 30 mila persone si trovarono nello stesso posto per chiedere la cacciata dell’uomo forte del Paese accusato, anche allora, di aver conquistato il terzo mandato presidenziale a suon di brogli. Lukashenko aveva detto, davanti a un seggio: “Vedrete, questa sera non ci sarà nemmeno un manifestante in piazza”. Nelle precedenti presidenziali, nel 2006, Lukashenko aveva ottenuto l’83% in una consultazione caratterizzata da numerose irregolarità.

Già in mattinata, la presidente della Commissione elettorale centrale bielorussa, Lidya Yermoshina, ha sottolineato che le elezioni sono state riconosciute come valide precisando che non sono state rilevate violazioni durante i sondaggi, mentre la piazza di Minsk si prepara alla prevista protesta. Ancora una volta l’opposizione contesta l’esito del voto, definendolo “truccato” e chiede sia rifatta senza lo “zar” in lizza. Per l’opposizione, Lukashenko non avrebbe raggiunto il 50% necessario per essere eletto al primo turno. I dati sono falsificati è il motivo conduttore della manifestazione di Minsk dove sventolano bandiere nazionaliste bianche e rosse, biandiere dell’Ue e i manifesti inneggiano a libertà e a “nuove elezioni senza Lukashenko”.

Al di là dei numeri precisi, però, la vittoria di Lukashenko è – come peraltro ampiamente previsto – scontata. E i nove candidati che lo hanno sfidato hanno messo a segno, complessivamente, più di poco più del 17 per cento. La Bielorussia si avvia così verso altri 4 anni di Lukashenko, il “padre-padrone” che ormai da 16 anni (era il 1994 quando fu eletto la prima volta) siede alla presidenza, guidando il Paese con il pugno di ferro, controllando i media, azzittendo l’opposizione, usando i servizi segreti (a Minsk si chiamano ancora Kgb) in una nazione con un’economia congelata ai tempi dell’Urss e la pena di morte ancora in vigore. E che ha fatto in modo di cambiare anche la legge che prevedeva un massimo di due mandati consecutivi. Ora la palla passa anche agli osservatori elettorali dell’Osce e la loro valutazione sullo svolgimento delle elezioni. Un parere che darà anche un’idea su come si muoverà l’Unione Europea. Sono circa 930 gli osservatori internazionali e 18 mila quelli locali accreditati per monitorare le elezioni.

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